Lunedì - II settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1Sam 15,16-23 / Sal 49 / Mc 2,18-22


MEGLIO DEL SACRIFICIO



Con sorprendente coerenza, le letture di oggi si collegano al vangelo domenicale, illustrandoci perché l'obbedienza è corsia preferenziale per una vita autentica. Il profeta Samuele bacchetta il re Saul, per aver permesso al popolo di saccheggiare gli Amaleciti dopo averli sconfitti in battaglia. Saul tenta di giustificarsi: «Ma io ho obbedito alla parola del Signore, ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinato, ho condotto Agag, re di Amalèk, e ho sterminato gli Amaleciti. Il popolo poi ha preso dal bottino bestiame minuto e grosso, primizie di ciò che è votato allo sterminio, per sacrificare al Signore, tuo Dio, a Gàlgala» (1Sam 15,20-21). Ma il profeta esclama: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti» (15,22).


Invano cercheremmo in queste parole l'autorizzazione ad evitare i sacrifici, che fanno parte dell'esperienza umana. Piuttosto esse esprimono un invito a riconoscere che il sacrificio autentico - quello che fa sorridere Dio e fa bene alla nostra vita - è quello in cui mettiamo in gioco tutta la nostra vita. Solitamente, nei sacrifici quotidiani che tutti facciamo, noi diamo soltanto alcune parti di noi: un po' del nostro tempo, un po' delle nostre qualità, un po' della nostra pazienza, un po' insomma. Di rado, facciamo il sacrificio di noi stessi. Siamo infatti tutti a caccia di un «bottino» (15,19) di affetto e di stima per il quale siamo disposti a sudare un po', a compiere qualche rinuncia, a stringere i denti. Ma obbedire a Dio, è meglio ci ricorda il profeta Samuele. Perché quello che Dio ci dona e ci chiede è sempre proporzionato alla realtà e si esprime in una logica di amore.


È quello che Gesù cerca prova a dire ai «discepoli di Giovanni e ai farisei» (Mc 2,18) che non capiscono come mai i discepoli del Rabbì di Nazaret «non digiunano», ma vivono come «invitati a nozze» (2,19). Spiega il Signore: «Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare» e poi aggiunge: «Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno» (2,20).


Dobbiamo vigilare molto su noi stessi, essere attenti alle intenzioni del nostro cuore. Dietro ad eroiche e generose prestazioni, nelle quali ci sembra di fare quanto il Signore ci «ha ordinato» (1Sam 5,20), può infatti nascondersi il nostro io a caccia di bottino. Mentre la volontà di Dio - a cui è meglio obbedire - potrebbe essere la strada che continuiamo a non vedere - stupidamente - o a scartare - orgogliosamente. E invece punta dritto verso la nostra felicità, è il «vino nuovo» (Mc 2,22) che attendiamo di gustare.


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