Battesimo del Signore

Letture: Is 40,1-5.9-11 / Sal 103 / Tt 2,11-14; 3,4-7 / Lc 3,15-16.21-22


FATTI GIUSTI



La festa del Battesimo del Signore Gesù chiude il tempo del Natale, salvandolo da ogni possibile fraintendimento e riduzione. Il Natale è solo in parte la festa della tenerezza di Dio che si manifesta nella carne piccola di un bambino. Il Natale è pure la manifestazione di un «fuoco» (Lc 3,16) che vuole ravvivare la vitalità dei nostri percorsi umani, lo slancio della nostra libertà. Soltanto due Vangeli - Matteo e Luca - raccontano infatti la cosiddetta infanzia del Maestro. Per gli altri due la Buona Notizia comincia con l'immersione di Cristo nelle acque del Giordano. Un battesimo di solidarietà con l'uomo che si trova a fare i conti con la soglia amara del peccato, che conosce quotidianamente lo scacco matto della propria, invincibile, debolezza.

Con l'acqua

«Il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo» (3,15). Il Battista era un uomo straordinario. Un profeta coerente, un autentico messaggero di Dio in mezzo al suo popolo. Molti perciò si domandavano se con lui si poteva finalmente smettere di aspettare il Messia. La vita e la predicazione di Giovanni rivelavano infatti una qualità umana altissima, una tensione meravigliosa alla giustizia, una magnetica libertà interiore. Dai racconti evangelici, possiamo immaginarlo come uno capace di parlare alle folle con verità, di fare breccia nel cuore con una predicazione schietta e toccante. Giovanni si muoveva libero dagli schemi e dalle convenzioni che spesso ingessano le nostre comunicazioni rendendole troppo politically correct, vuote di profezia, povere di verità. Il Battista sapeva condurre le persone a riconoscere i propri peccati, un'opera straordinaria che può essere fatta soltanto da un cuore puro e sincero. Aiutare gli altri ad accettare e a riconoscere la presenza del peccato nella propria vita è difatti un'opera divina. Gesù stesso, prima di morire, dirà ai discepoli che questa è esattamente quello che fa lo Spirito Santo nel cuore degli uomini, il quale «dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato» (Gv 16,8). Ma Giovanni non era il Cristo e, soprattutto, sapeva di non esserlo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (3,16). Giovanni è stato un uomo fantastico, ma non era lui la pienezza della rivelazione di Dio. Non era il suo rigore e la sua onestà la bella notizia che Dio voleva portare al mondo. Infatti l'impegno e l'onestà, che in Giovanni risplendono e che tutti siamo chiamati a coltivare nella nostra vita, possono portarci soltanto ad una soglia, dove possiamo soltanto ammettere di essere peccatori, pezzi di umanità non ancora giunti al bersaglio, uomini e donne non ancora arrivati alla locanda della vita piena, alla terra della felicità e della giustizia. Perché la nostra vita sia salva ci serve qualcosa di più della nostra fragile volontà, qualcuno che sia «più forte» di ogni nostro insuccesso.


Con il fuoco

«Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: 'Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento'» (3,21-22). Ecco il di più che aspettavamo! Mandando il suo Figlio nella nostra umanità, Dio non ci ha fornito una sapienza o delle qualità umane che ci mancavano. Ha invece compiuto un gesto con cui ci ha voluto esprimere quanto grande sia il nostro valore ai suoi occhi. Cosa c'è di più importante di un figlio per un genitori? Nulla, ovviamente. Ebbene, il Padre - Dio - un giorno ha pensato di gettare sul piatto della storia umana - che sempre piange - la carta più preziosa, il suo unico Figlio, «l'amato» del suo cuore. La voce che tuona sulle sponde del Giordano serve a noi, non al Signore Gesù, per capire quanto magnifica sia l'iniziativa di Dio nei nostri confronti. Il Battesimo dell'uomo Gesù non è altro che la conferma del Natale del bambino Gesù che, mettendosi in fila con noi e con il nostro bisogno di salvezza, ci annuncia quanto Dio sia disposto a giocarsi con noi. Ci rivela che Dio, nella sua ricerca di comunione con l'uomo, è disposto a scendere e a inginocchiarsi per raggiungerci là dove i sentieri tortuosi della vita e i nostri peccati possono condurci. Questo è ciò che può realmente dare salvezza ai nostri giorni, la vampata di affetto che ci strappa le lacrime dagli occhi.


Da figli

Nel battesimo di Gesù possiamo vedere realizzato il sogno di Isaia, il profeta che gridava a Gerusalemme parole di consolazione quando con lo spirito vedeva «il Signore Dio» (Is 40,10) camminare verso la sua città con tutto il «gregge» dei suoi figli: quelli deboli, portati «sul petto» come «agnellini», quelli forti, condotti «dolcemente» come «pecore madri» (40,11). Contemplando il Figlio di Dio immerso nelle acque del Giordano, possiamo comprendere il canto di Paolo, che annuncia ai primi cristiani la gioia del Vangelo: «Quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo» (Tt 3,4-5). Nella festa di oggi, abbiamo l'occasione di capire quale regalo Dio ci abbia fatto con il Natale - l'Incarnazione - del suo Figlio. Affinché, in questo nuovo anno che si spalanca davanti a noi, possiamo smettere di giustificarci, davanti allo specchio del nostro ego o di fronte alle aspettative degli altri, e ricominciare a riconoscerci giustificati e amati, davanti ad un Padre che si è voluto giocare pienamente con noi, donandoci quanto aveva di più prezioso. Un giorno, infatti, Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi. Per oltre trent'anni è stato il nostro vicino di casa, costruendo panche, tavoli e sgabelli. Poi un giorno si è alzato e si è messo in fila con noi, per annunciarci che - insieme a lui - possiamo superare i limiti della nostra umanità fragile e diventare «per la sua grazia, eredi della vita eterna» (Tt 3,7). Così Dio continua a fare: dimora in mezzo a noi, mette il suo cuore accanto al nostro - senza che noi ce ne rendiamo conto immediatamente. Poi, all'improvviso, ci racconta il suo amore e ci chiede di seguirlo, per conoscere il suo amore. E poi donarlo, e poi raccontarlo.


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