Mercoledì - I settimana di Avvento

Letture: Is 25,6-10 / Sal 22 / Mt 15,29-37


CON NOI



C'è qualcosa di paradossale nel vangelo di oggi. Qualcosa che vuole togliere ovvietà al nostro percorso di Avvento. «Molta folla» (Mt 1,30) si raduna attorno a Gesù, sia che egli vada «presso il mare» sia che egli salga «sul monte» (1,29). Ci sono bisogni urgenti da condurre davanti alla potenza misericordiosa di Dio; ci sono «zoppi, storpi, ciechi, sordi e altri malati» che attendono l'intervento della «mano del Signore» (Is 25,10) e della sua «salvezza» (25,9). Proprio come i profeti avevano insegnato a sperare: «Il Signore eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l'ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra» (25,8). Il Signore Gesù dà perfetto compimento a queste parole, guarendo la schiera di poveri che si trova ai suoi piedi. E la folla, naturalmente, «era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d'Israele» (Mt 15,31). Fin qui tutto bene. Tutto secondo copione: gli uomini manifestano le loro esigenze e Dio fa il suo mestiere.


Poi, la cronaca evangelica spalanca la porta delle sorprese: «Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: “Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino” (15,32). Che succede? Come mai il Signore, subito dopo aver operato senza problemi miracoli e guarigioni, all'improvviso sembra arrestarsi di fronte ad un banale problema di cibo? Ha ridato la vista ai ciechi, la lingua ai muti e ci vuol far credere di avere qualche difficoltà a riempire la pancia agli affamati? Un po' come se Dio, dopo aver creato cielo, terra ed ogni cosa, si girasse verso di noi e dicesse: e ora, cosa facciamo? Pare proprio strano, eppure se consideriamo attentamente il testo, la soluzione dell'enigma è già evidente. Dopo aver regalato un po' di miracoli alla folla, il Signore Gesù sente dentro di sé compassione per loro. Per questo ne parla ai discepoli, cercando di coinvolgerli in questo meraviglioso sentimento di cui il suo cuore è pieno. La domanda funziona, i discepoli si lasciano afferrare: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?» (15,33).


La vita, ad un certo punto, diventa un mistero in cui solo la «compassione» ha senso e dà senso. Non i regali, non la salute, non la pancia piena, non i soldi, non la fortuna. Il tempo di Avvento ci prepara ad accogliere un Dio che ha compassione di noi e, facendosi uomo come noi, ha voluto coinvolgerci in questa missione di amore e solidarietà. «Sette» pani e «pochi pesciolini» (15,34) sono niente, eppure bastano a Dio per saziare tutti. Proprio così, con il nostro poco offerto gratuitamente continua la storia della salvezza.


Commenti

Anonimo ha detto…
molto bello: «Sette» pani e «pochi pesciolini» (15,34) sono niente, eppure bastano a Dio per saziare tutti.
Mi colpisce molto il fatto che i discepoli credano di non avere abbastanza per sfamare tutti, ma una volta messo ciò che avevano nelle mani di Dio, gli viene restituito "li dava ai discepoli", in modo che basti per sfamare tutti "e i discepoli li distribuivano".
Dio sfama il popolo con ciò che avevano i discepoli ed attraverso i discepoli.
anna ha detto…
"Tutti mangiarono e furono saziati"
Dove c'è Gesù c'è abbondanza!
Il pane non sazia eppure erano saziati si perchè la compassione di Gesù sazia. Di questo si ha fame di Amore di compassione. Qualcuno che patisce e gioisce con me in sincerità di cuore e perchè desiderata, accolta, amata come nessuno al mondo ne è capace. Amata così, oggi Gesù mi chiede di regalare la sua compassione perchè tanti possano entrare nella lode di stupore al cibo del nostro cuore: Gesù!