Giovedì - I settimana di Avvento

Letture: Is 26,1-6 / Sal 117 / Mt 7,21.24-27


SULLA ROCCIA



I popoli nell'antichità sapevano bene quanto fosse indispensabile avere «una città forte» in cui vivere, fatta di robuste «mura» e solidi «bastioni» (Is 26,1). Anche Israele, nel suo insediamento nella terra di Canaan, ha dovuto scegliere alture sicure e ha imparato a costruire fortificazione per difendersi dagli attacchi dei nemici. Ma, lungo i secoli, ha maturato la coscienza che la vera solidità non è offerta dalla compattezza delle pietre, quanto da quel Dio in cui è possibile confidare «sempre» (26,4), la cui «volontà» (26,3) è salda come una «roccia eterna» (26,4). Il Signore della storia infatti è capace di abbattere «coloro che abitavano in alto», di rovesciare «fino a terra» (26,5) le potenze umane e di far camminare «i piedi degli oppressi» di liberare «i passi dei poveri» (26,6).


Oggi la Parola ci conduce ad un confronto con il tema della solidità, di cui la roccia è potente simbolo. Anche Gesù nel vangelo ne parla, nella celebre parabola delle due case: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia» (Mt 7,24), mentre «chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia» (7,26). Esiste in noi una stoltezza, che difficilmente sappiamo riconoscere e confessare, che consiste proprio nella capacità di tollerare una costante schizofrenia dentro la nostra libertà. Diciamo di essere cose che poi non facciamo, e facciamo cose che non c'entrano nulla con quello che - in fondo - vogliamo essere. E andiamo avanti così, sempre cercando di individuare colpe e responsabilità di tale schizofrenia lontano da noi stessi. Il Maestro Gesù ci mette in guardia: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (7,21). Non si tratta di una minaccia, ma di una chiamata. Ogni giorno la nostra libertà è provocata e messa in moto da tante cose: persone, avvenimenti, incontri e imprevisti. La paura e l'egoismo ci spingono a gettare mattoni sulla sabbia, per assicurarci una mezza sistemazione contro le tempeste della vita. Ma la voce di Dio ci esorta a costruire la nostra gioia altrove. Esiste una roccia su cui possiamo appoggiare il peso dei nostri sforzi, la realtà dei nostri sogni che non coincide né con la nostra buona volontà, né con i nostri progetti, ma con la parola buona e fedele di Dio. L'attesa dell'Avvento diventa vera nella misura in cui diamo fiducia agli appelli che Dio ci rivolge, autenticandoli con scelte concrete, con passi effettivi. Il momento in cui la sua parola ci scalda il cuore e illumina il cammino è solo metà della gioia che ci è concesso sperimentare in questo mondo. Assaporiamo l'altra metà quando facciamo ciò che Dio ci ha fatto intuire. Perché fermarsi a metà strada?


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