Venerdì - XXXIV settimana del Tempo Ordinario

Letture: Dn 7,2-14 / Dn 3,75-81 / Lc 21,29-33


ALBERI



Ascoltiamo oggi per esteso la complicata «visione notturna» del profeta «Daniele» (Dn 7,2) che la liturgia domenicale ci ha appena proposto come prima lettura. Questa specie di narrazione fantasy e oscura, può essere compresa tenendo conto del contesto storico in cui è stata composta. Il profeta rivolge al popolo la parola di Dio in un tempo che - guarda un po' - è segnato da persecuzione e oppressione. Dopo l'esilio in Babilonia, il dominio dei Medi e dei Persiani, la straordinaria potenza greca di Alessandro, Israele si trova per l'ennesima volta senza libertà e indipendenza nella terra promessa. Questa dolorosa storia in attesa di riscatto viene riletta dal profeta attraverso il genere letterario apocalittico, una modalità di scrivere tipica dell'epoca, ricca di metafore e di enfatizzazioni. Le bestie spaventose e «arroganti» (2,8) rappresentano le diverse forme di «potere» (2,6) che si sono avvicendate contro Israele. La figura di «un figlio d'uomo» (2,13) che riceve un «potere eterno» e un «regno» (2,14) indistruttibile da un misterioso «vegliardo» (2,13) è invece immagine del Messia che verrà a redimere la vita degli eletti di Dio. Questo testo riassume la speranza che Israele matura in un tempo di persecuzione: il Signore non verrà meno alle sue promesse, si ricorderà di noi e della sua alleanza; il giudizio sulla storia appartiene solo a lui.


Prendendo la parola e rivolgendosi ai suoi discepoli, il Maestro Gesù prende la profezia di Daniele e la trasforma in parabola, rendendola meno intensa, più raffinata e profonda nel contenuto. Anziché trasferire la storia dentro un immaginario simbolico e iperbolico, il Signore invita, proprio mentre gli eventi sembrano andare verso il peggio, ad osservare «la pianta di fico e tutti gli alberi» (Lc 21,29). E dice: «Quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino» (21,30-31). Il Signore suggerisce un antidoto ad ogni forma di ansia che sempre fa germogliare la «bestia» che è in noi: «spaventosa, terribile, d'una forza straordinaria, con grandi denti di ferro» (Dn 7,7) e con «una bocca» che proferisce «parole arroganti» (7,8). Bisogna imparare a ri-conoscere se stessi e il senso della vita guardando il modo con cui la natura manifesta la sua irriducibile capacità di tornare a vivere. I germogli che annunciano una futura primavera, dentro i confini rigidi un un inverno non concluso, sono alla portata del nostro sguardo. Si tratta semplicemente di recuperare ed accettare la nostra assoluta dipendenza da un Creatore buono, che dispone tempi e modi per condurre la sua opera dentro una vita piena. Solo ritrovando i nostri reali confini, possiamo vivere il tempo presente liberi da ogni ansia di prestazione e programmazione. Tranquilli come alberi che attendono i caldi profumi della primavera.


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