Venerdì - XXXI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 15,14-21 / Sal 97 / Lc 16,1-8


CON UN PO' DI AUDACIA



Mi sembra di capire il discorso di Paolo: «Fratelli miei, sono anch'io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l'un l'altro. Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po' di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete» (Rm 15,14-15). Lo capisco come sacerdote, come amico, come fratello in umanità di tante persone che incontro, conosco, ascolto. Talvolta è necessario uno scatto di audacia nei rapporti che viviamo, nei dialoghi che costruiamo. A volte è utile ricordare ad un altro quel «vangelo» (15,16) che riposa dentro di lui per liberarne la forza e l'efficacia. Essere audaci può diventare un vero e proprio «ministero» (15,16) che possiamo svolgere gli uni verso gli altri e che nasce dalla consapevolezza che la vita dell'altro è affidata anche a noi «nelle cose che riguardano Dio» (15,17).


Non sembra molto diverso l'insegnamento del vangelo di oggi, dove Gesù, attraverso una parabola, elogia la «scaltrezza» (Lc 16,8), virtù certamente di moda nella nostra triste società. Diversamente dalle nostre simpatie nei confronti della furbizia, il Maestro la indica non tanto come tecnica per incrementare i nostri profitti, ma per aprire la nostra vita ad una necessaria trama di rapporti che ci possono salvare. La storia è nota: «un amministratore» furbetto, abituato a «sperperare» (16,1) i soldi del suo padrone, viene un giorno preso in castagna. Costretto a dimettersi, si mette a pensare: «Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua» (Lc 16,3-4). Così chiama a raccolta tutti i debitori del suo padrone e concede loro sconti sui debiti, attirandosi evidentemente stima e simpatia. Quando il padrone viene a sapere l'accaduto, non si arrabbia. Forse perché l'amministratore aveva scontato i debiti soltanto di quella parte di cresta che egli era solito intascarsi. Ma soprattutto perché riconosce in lui un comportamento molto saggio, che il Signore sembra indicare a noi come necessaria «audacia».


Anche per noi arriva ogni tanto il momento in cui ci chiediamo: «Che cosa farò, ora?» (16,3). Ci frughiamo le tasche, ci guardiamo allo specchio, facciamo quattro conti nel cuore per giungere alla conclusione che non riusciamo a rispondere alla vita. Troppo difficile, troppo pesante, troppo! Ecco, proprio in questi momenti l'unica cosa da fare è cambiare strategia. Smettere di chiedere, attendere, pretendere. Iniziare a fare sconti agli altri. Procurarsi degli amici. Usare quelle quattro cose che abbiamo accumulato per condividerle con gli altri, che un giorno ci accoglieranno nella loro casa. Questo consiglio molto generico, può trovare infinite concretizzazioni nella vita ciascuno. A tutti ricorda che Dio ha posto la felicità in molti luoghi. Non solo in quelli dove ci troviamo. Anche là dove possiamo arrivare con un po' di audacia, con un pizzico di scaltrezza.


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