Mercoledì - XXXII settimana del Tempo Ordinario

Letture: 2Mac 7,1.20-31 / Sal 16 / Lc 19,11-28


LA TENEREZZA



Oggi le letture scelte per la liturgia della Parola orientano il nostro sguardo verso un'altra preziosa manifestazione del cuore: la «tenerezza» (2Mac 7,21). Sempre nel periodo della dominazione dei Seleucidi, una «madre» (7,20) si trova nella situazione di dover veder «morire sette figli in un solo giorno» a causa del rifiuti di «cibarsi di carni suine proibite» (7,1) e così infrangere «il comando della legge» data ai padri «per mezzo di Mosè» (7,30). Questa donna si rivela «ammirevole e degna di gloriosa memoria» dal momento che in drammatica circostanza «sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore» (7,20). La Scrittura, in un inciso, ci rivela il segreto della sua forza interiore, quando osserva che lei temprava «la tenerezza femminile con un coraggio virile» (7,21). Questa madre si dimostra capace di non disgiungere i sentimenti dalla ragione, l'attaccamento ai propri figli dalla coscienza che la loro vita appartiene anzitutto a Dio: «Senza dubbio il Creatore dell'universo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi» (7,23). Questa donna «accetta la morte» (7,29) perché il suo cuore è ben temprato, come un acciaio lavorato e reso forte, come uno strumento adatto ad eseguire le migliori partiture.


La tenerezza non consiste solo in «nobili sentimenti» (7,21) di cui siamo tutti capaci - almeno per qualche tempo - ma di un sapiente incontro tra tenerezza e coraggio. Quando il nostro cuore funziona a metà perdiamo l'equilibrio e la nostra vita resta intrappolata nella logica della «paura» (Lc 19,21), che ci fa nascondere le migliori energie dentro «un fazzoletto» (19,20), anziché esporla ai rischi della relazione con l'altro. Sempre la paura è legata alla difficoltà di accettare il carattere «severo» (19,21) della vita e si trasforma nel panico che la vita, con le sue occasioni che attendiamo, ci sfugga dalle mani «da un momento all'altro» (19,11). Dentro la tenebra della paura, il bilancio della vita sembra sempre a favore degli altri: «A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (19,26).


La paura si dipana solo a partire dalla consapevolezza che c'è qualcosa che vale più della vita, perché Dio ci restituirà sempre «il respiro e la vita» (2Mac 7,23). A partire da questa speranza possiamo imparare, ogni giorno, a confrontare i sentimenti che proviamo con le esigenze della giustizia, a confrontare la fiamma dei nostri desideri con il torrente della verità. Ad avere fiducia in Dio che ha fatto «il cielo e la terra» non «da cose preesistenti». Tale è anche l'origine del genere umano» (7,28). Di noi, che non possiamo sfuggire alla tenerezza delle sue «mani» (7,31).


Commenti