Mercoledì - XXXII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Sap 6,1-11 / Sal 81 / Lc 17,11-19


TORNARE INDIETRO



Doveva proprio sentirsi un «servo inutile» quel lebbroso che tornò indietro a ringraziare Gesù che lo aveva purificato dalla lebbra. Era un «samaritano» (Lc 17,16), apparteneva ad un gruppo religioso di minoranza in Israele, ritenuto meticcio nella carne e nel culto dagli ebrei doc. Forse questa appartenenza agli «ultimi» (Sap 6,6) a non agli «orgogliosi» (6,2) lo aveva educato ad attendere la «misericordia» (6,6) dell'Altissimo, ad avere speranza in un Dio che non guarda «in faccia nessuno» (6,7) perché «egli ha creato il piccolo e il grande». Non si trovò nessuno quel giorno «che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero» (Lc 17,18). «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?» (17,17) si chiese stupito il Maestro. Mancavano all'appello nove volti, tutti familiari, nessuno straniero. Tutti guariti, eppure nessuno salvo. All'infuori dell'uomo che si mise a cantare e a dire grazie.


Il libro della Sapienza offre un interessante commento a questo episodio evangelico, ricordandoci che quando stiamo «in alto» (Sap 6,5) è più grande il rischio di ricevere la vita senza gratitudine, quasi come qualcosa di dovuto e non di donato. È più facile cadere in errore quando abbiamo in tasca qualche «potere» e qualche «autorità» (Sap 6,3), anziché quando siamo in basso, liberi di gridare «ad alta voce» i bisogni del nostro «piccolo» (6,7) mondo.


Il ringraziamento: ecco la cartina tornasole della nostra fede, la verifica infallibile del nostro concepirci servi inutili. Ci sono molti modi per poterlo esprimere, alcuni più formali e liturgici, altri più spontanei e personali. In nessun caso si può ringraziare senza fermarsi e tornare indietro. Fosse anche solo per un istante. Oggi sembra diventato difficilissimo compiere questa umanissima operazione. Tutti protesi al futuro, ottimisti ad oltranza con lo sguardo rivolto in avanti, stiamo perdendo ogni serio e sereno sguardo verso ciò che ci sta alle spalle. Dimentichiamo i doni ricevuti, le radici e la terra su cui i nostri giorni sono fioriti. E così procediamo, «purificati» (Lc 17,14) e puliti, ma poco salvi. Poco liberi di compiere quei gesti che ci fanno perdere un poco di tempo ma ci colmano di felicità: lodare Dio, prostrarsi davanti alla sua misericordia, «ringraziarlo» (17,16).


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