Giovedì - XXXII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Sap 7,22-8,1 / Sal 118 / Lc 17,20-25


IN MEZZO A NOI



E se davvero ci fermiamo e torniamo indietro, secondo l'esempio del lebbroso nel vangelo di ieri, cosa accade? Niente di speciale - risponderebbe il Maestro - non vediamo nulla che voglia «attirare l'attenzione» (Lc 17,20). Il «regno di Dio» (17,20) è una presenza sobria dentro la realtà umana, non ha fluorescenze capaci di attirare gli sguardi. Infatti, suscitare lo sguardo altrui significa sempre un po' sedurre, attirare a sé. Il Signore non ha bisogno di fare questo, ma desidera condurci a noi stessi, dentro il mistero della nostra vita. Per questo Gesù insegna: «Il regno di Dio è in mezzo a voi!» (17,21).


La società in cui viviamo rivela una spiccata tendenza alla seduzione. Dalla moda al cinema, dalla musica al mondo degli affari, dall'informazione all'intrattenimento, ogni settore della vita sociale è fortemente pervaso da impulsi seduttivi, con i quali si cerca di «attirare l'attenzione» dell'altro; per riempirsi il cuore, o magari il portafoglio. Tuttavia la seduzione è un meccanismo non completamente deprecabile. In parte, è un'arte necessaria per intessere relazioni con gli altri e per manifestare con fiducia ciò che siamo. Non coincide più con il vangelo di Dio quando diventa la logica di fondo che muove i nostri pensieri e le nostre azioni, quando diventa un'attenzione eccessiva al nostro ego.


Dio non attira l'attenzione su di sé perché vuole attirarci verso quel tesoro che è dentro di noi. Egli non ha bisogno di incrementare ogni giorno l'elenco dei suoi ammiratori, desidera invece farci scoprire quanto bene è presente nella pieghe della nostra vita, nel mistero della nostra esistenza. La potenza di Dio, come spiega il libro della Sapienza, è come «uno spirito sottile» (Sap 7,22) che «penetra in ogni cosa» (7,24) e «tutto rinnova» (7,27). La presenza di Dio in noi e nella storia è molto più reale e profonda di quanto comunemente pensiamo. Certo è meno visibile e appariscente di quanto vorremmo. Soprattutto in quei momenti nei quali, stanchi e amareggiati, non leggiamo più il nostro tempo con speranza e vorremmo avere un segno. Il Signore è capace di regalare improvvise illuminazioni, irrompendo nella nostra vita «come la folgore» che «guizzando brilla da un capo all'altro del cielo» (Lc 17,24). Sono i momenti di grazia, nei quali tutto risulta visibile per un attimo, prima di essere nuovamente inghiottito dalle tenebre. Poi però la luce smette di essere visibile fuori e si colloca «dentro» di noi, perché in realtà vuole manifestarsi attraverso di noi, attraverso la nostra vita che aderisce al vangelo. Prima che ciò accada però è necessario che il discepolo «soffra molto e venga rifiutato» (17,25). Siamo disposti a correre questo rischio?


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