XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Letture: Nm 11,25-29 / Sal 18 / Gc 5,1-6 / Mc 9,38-43.45.47-48


TAGLIARE



Altrimenti - se non impariamo ad abbracciare! - diventiamo intolleranti. Infatti, o costruiamo buoni rapporti con i nostri limiti, oppure il tentativo di essere più grandi degli altri si traduce presto o tardi in settarismo e rigidezza. Non in pace con noi, non possiamo che mal sopportare la vita che si manifesta lontano dai nostri recinti. «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9,38). Ecco affiorare sulle labbra del 'tenero' Giovanni la manifestazione più comune del nostro cattivo sguardo sugli altri. Quando qualcuno non ci sembra rientrare nelle nostre fila, nei nostri progetti ecco che tendiamo istantaneamente ad escluderlo. Un taglio deciso, secco, senza esitazione. Quante volte pensiamo e agiamo così! Tentiamo di mettere un bastone fra le ruote dell'altro, per impedirgli di mostrarsi migliore di noi, per nascondere l'evidenza di ciò che noi siamo.


La risposta del Maestro è perentoria: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: Chi non è contro di noi è per noi» (9,39-40). Il bene e la diversità dell'altro non sono mai da escludere, perché non sono mai 'contro' di noi. Anzi, se c'è qualcosa da tagliare va cercata in noi stessi: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala» (9,43); «E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo» (9,45); «E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via» (9,47). Piuttosto che escludere l'altro, dobbiamo escludere quella parte di noi che è ancora intollerante e non cammina nella via dell'amore. Questo sembra essere, in estrema sintesi, la risposta di Gesù al 'problema' degli altri che non rientrano nei nostri schemi.


Indubbiamente i tagli servono nella vita. Talvolta sono addirittura necessari. Ma dobbiamo sempre partire da quei tagli che possiamo anzitutto operare su noi stessi. La prima cosa da rimuovere è sempre la trave nel nostro occhio. Non la pagliuzza che giace nel l'occhio dell'altro.

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