XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Letture: Is 53,10-11 / Sal 32 / Eb 4,14-16 / Mc 10,35-45


SOGNI DI GLORIA



È rischioso - per Dio - parlare a noi - esseri umani - di tesori e ricchezze (cf domenica scorsa). Subito (ri)affiorano nel nostro animo incontrollabili sogni di gloria, che mettono in libertà riposte speranze: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo» (Mc 10,35). Con estrema disinvoltura, i fratelli Giacomo e Giovanni si rivolgono così al Maestro che ha appena annunciato - per la terza volta! - la sua imminente passione. Un Dio a nostra disposizione, un Messia a servizio dei nostri sogni: non è ciò che, più o meno consciamente, tutti noi sogniamo? Domanda retorica! Certamente sì.


Un posto al sole

Chi non vuole un posto al sole? Per sé, per i propri cari, per gli amici più fidati, per il proprio gruppo, per il proprio ambiente. Nessuno. Perché la vita, che è tanto bella, va garantita al riparo da tutti gli incidenti di percorso che la possono interrompere, per un po' o per sempre. Questo è il mondo in cui ci capita di vivere: un meraviglioso palcoscenico, dove la vita è bella per alcuni e brutta per altri, piacevole in certi periodi e sgradevole in altri, piena di gioia quando c'è il sole e colma di dolore quando l'amore scompare dall'orizzonte. E allora la nostra testa si riempie di sogni, che tutti presentiamo con molto garbo al Dio che dovrebbe assicurare i nostri giorni. Tutti i sogni che attraversano la nostra fantasia sono ben rappresentati dalla sfacciata richiesta dei figli di Zebedeo, che non si vergognano di vuotare il sacco davanti al Signore, esplicitando quel bisogno di aver diritto ad un trono e una gloria. Un trono sui cui stare sopra agli altri. Una gloria che possa attirare lo sguardo di tutti su di noi. Che altro può sognare quel pugno di polvere che noi siamo?


Un posto preparato

Gesù si accorge che i discepoli non lo stanno proprio né capendo, né seguendo. Intuisce che il loro 'io' infantile ed egocentrico non sta partecipando al viaggio di amore verso Gerusalemme. Però non li umilia e non li abbandona; tenta di aprirgli gli occhi, dicendo: «Voi non sapete quello che chiedete» (19,38). Ecco cosa pensa Dio dei nostri capricci, ecco come ci vede quando ci dimostriamo ancora chiusi e gretti nei nostri interessi. Davanti a lui siamo persone che non sanno, che non hanno ancora capito cosa è la vita. Anche se a noi sembra di essere ormai gente molto navigata e coraggiosa, come Giacomo e Giovanni che rispondono al Maestro che gli chiede se sono davvero disposti a seguirlo: «Lo possiamo» (10,39). Gesù annuisce, conferma che la vita di tutti è un viaggio verso Gerusalemme, che tutti dobbiamo bere un calice ed essere immersi nel mistero della morte e della risurrezione. Poi aggiunge una cosa: «Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato» (10,40). Esistono posti nella vita che ci scegliamo. Talvolta facciamo di tutti per raggiungerli, arrivando ad enormi compromessi, perfino con la nostra stessa umanità. Pensiamo che in questi posti ci sia la felicità, una vita immensa. Invece proprio dopo averli raggiunti, ci accorgiamo che erano false promesse, idoli vani, miraggi nel deserto. Con amarezza, siamo costretti a riconoscere di aver bruciato la nostra vita e di aver bruciato i nostri desideri più autentici in cambio di nulla. Le parole di Gesù ci ricordano che esistono altri posti che Dio prepara per ciascuno dei suoi figli. Non sono i luoghi riparati dalla sofferenza e dal dolore, non esposti agli imprevisti e alle tempeste della vita. Sono i luoghi dove la nostra diventa diventa uguale alla vita di Dio, come quella del Figlio dell'uomo che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (10,45).


Un posto all'ombra

«Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (10,42-44). Con queste parole il Maestro descrive quel posto che lui sta andando ad occupare, avendo scelto di «prendere parte alle nostre debolezze» (Eb 4,15), per diventare quel grande «sommo sacerdote» (4,14) che l'umanità attendeva. Perciò ha accettato di essere «messo alla prova in ogni cosa come noi», accogliendo le conseguenze del nostro «peccato» (4,15). Nel suo cuore era ben chiaro che il modello di umanità piena era quello descritto dai profeti, un Messia in grado di offrire «se stesso in sacrificio di riparazione» (Is 53,10), di giustificare «molti» addossandosi «la loro iniquità» (53,11). Un bel posto all'ombra e non al sole! Lo stesso posto è preparato anche per noi, che nel battesimo siamo diventati figli del Dio di Gesù, pienamente innestati nell'avventura del vangelo. Camminare verso questo posto significa rinunciare ai nostri - infantili - sogni di gloria e accogliere con responsabilità i percorsi di servizio e di dedizione agli altri che Dio continuamente prepara per noi. Per ciascuno di noi esiste un posto pensato dal Signore e mille altri disposti dalle nostre immaturità e dai nostri deliri di potenza. Non è facile sedersi sul trono vero, che molti giorni assume la dura realtà di una croce, di un solitario patibolo. Eppure è solo in questi posti che noi diventiamo i «primi» e i «grandi», secondo il desiderio del nostro cuore e il progetto di Dio. Tante volte ci sembra di non farcela più, di non avere le forze per portare avanti la matassa arruffata della nostra vita. La riflessione profonda e matura della lettera agli Ebrei ci incoraggia a mantenere «ferma» (Eb 4,14) la nostra speranza, sapendo che possiamo avvicinarci al Signore in ogni istante «con piena fiducia» per «ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (4,16).


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