XXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Letture: Gs 24,1-2.15-17.18 / Sal 33 / Ef 5,21-32 / Gv 6,60-69


PAROLE DURE



Arriviamo, finalmente, al drammatico epilogo del discorso sul pane di vita. Un capitolo lungo e difficile del vangelo di Giovanni, che ci ha accompagnato in questo periodo estivo. Forse è utile un breve riassunto. Gesù ha compiuto il segno dei pani e dei pesci; la folla ha frainteso: ecco, finalmente un Dio che viene a darci la pappa! Gesù scappa, e quando viene raggiunto dalla gente che lo insegue, inizia una discussione sul significato del miracolo. Il dialogo è vivo, a tratti molto acceso, fino alla solenne dichiarazione da parte del Signore Gesù che dice: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,51).

Insopportabile

Molti dei discepoli, dopo aver ascoltato questa proclamazione, sbottano: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (6,60). Forse non conviene biasimare troppo il loro sfogo, ma capirne il senso. Infatti è proprio duro quanto Gesù ha detto in questo lungo discorso riguardo il pane di vita. Mentre noi, come bambini, vorremmo sempre avere la pancia piena e i desideri soddisfatti, il Signore ci propone di diventare cibo, perché egli stesso è cibo. A noi sembra che ci manchi sempre qualcosa, e così giustifichiamo tutti gli egoismi e le violenze di cui siamo capaci. Attraverso la condivisione di pochi pani e pesci, il Signore ha voluto ricordarci che le cose sono un po' diverse. Non ci manca nulla, se non la capacità di condividere la vita e i suoi doni. Esattamente come fa Dio che, anziché riempirsi la pancia all'infinito, si dona e si offre, come pane. Si tratta di uno stile di vita, che non conosce limiti. Una vita eterna, perché fondata sulla logica dell'amore. Ammettiamolo: è un discorso davvero insopportabile! Abbiamo mille problemi, il mondo è una giostra impazzita, il pianeta su cui abitiamo tende al collasso. E Dio che fa? Anziché dare a tutti una bella strigliata, ci propone di imboccare la strada della solidarietà, della condivisione, della tenerezza. Anziché cambiare con forza le cose, ci spiega che il mondo lo possiamo cambiare noi con la sua grazia. È proprio un discorso duro, perché troppo molle. Manca di vigore, di polso, di apparente concretezza. Insopportabile davvero.

Apostrofàti

Gesù, dopo aver ascoltato lo sconcerto dei discepoli, rincara la dose. «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dove era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono» (6,61-64). Gesù dice: sì, è molto impegnativo quanto vi ho detto; una proposta davvero forte. Ma il problema è un altro: voi state rimanendo su un piano molto umano e prudente. Continuate a misurare con il metro della ragione le mie parole. Mi osservate a distanza, anziché coinvolgervi con me. Insomma, non avete fiducia in me. Touché! Forse il discorso di Gesù è davvero duro, ma, dobbiamo ammettere, duro è anche il nostro cuore di fronte a lui. Molta della nostra fede è apparenza o abitudine, più che realtà. Lo possiamo misurare facilmente verificando quanto, concretamente, stiamo davvero giocando la nostra vita sullo scandalo del vangelo, quanto ci stiamo coinvolgendo con la missione della chiesa, quanto le nostre scelte e la nostra vita di tutti i giorni manifestano la logica paradossale del regno dei cieli. Forse il discorso di Gesù ci appare duro, semplicemente perché la nostra fede è molle. Molle come un fico. Andiamo a Messa, diciamo le preghiere, cerchiamo di aderire ad una morale più perché siamo abituati a farlo che non perché ne siamo realmente convinti. Le parole ruvide del Maestro ci ricordano che essere suoi discepoli non si può accontentare di una mezza misura. Dio non ha alcuno problema con le chiese mezze vuote, ma detesta le persone solo per metà convinte di ciò che fanno. È disposto a perderci, piuttosto che averci come mezze persone. Infatti «da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui» (6,66).


Interrogàti

Lascia senza fiato la libertà del Maestro, quando poi si rivolge ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» (6,67). Gesù non supplica il gruppo dei discepoli più intimi di rimanere. Resta duro e splendido anche nei loro confronti, perché non è schiavo del consenso, del bisogno di essere approvato e confermati dagli altri. Il suo cuore resta fedele alla missione di rivelare il volto amorevole del Padre. Meravigliosa la risposta di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (6,68-69). Viviamo certamente in tempi difficili. La chiesa sembra essere in crisi, le comunità cristiane stanche, le posizioni del Magistero talvolta troppo astratte e poco convincenti, la morale poco praticata. Chiunque stia giocando un po' della sua vita nel gregge dei credenti è attraversato da una certa sfiducia. La parola dura del vangelo che abbiamo ascoltato in queste settimane ha forse il compito di irrobustire la nostra tenue speranza. Il tempo che viviamo è un tempo drammatico, pieno di male e di violenza, ma anche ricco di importanti trasformazioni. In questo tempo la Chiesa sembra essere chiamata a vivere una grande purificazione, utile alla sua autenticità e alla salvezza del mondo. A noi, piccoli e smarriti discepoli del Maestro, oggi rimbalza una vertiginosa domanda: «Volete andarvene anche voi?». Non si tratta di un ricatto, ma di una sfacciata proposta. Un invito ad essere cristiani proprio quando non è più scontato esserlo (ammesso e non concesso che sia mai potuto esserlo!). Rimanere discepoli di Cristo, partecipare alla missione della sua chiesa, è una scelta che richiede fedeltà e dedizione. Come Israele nella terra promessa, colmo della memoria dei prodigi di Adonai, ma circondato da innumerevoli dèi stranieri, anche noi siamo chiamati a scegliere «chi servire» (Gs 24,15). Le scelte più vere sono quelle che possiamo compiere quando ci sono alternative possibili. Come accade a noi, oggi.

Commenti

anna ha detto…
Oggi con Pietro desidero lasciare che il cuore rimanga a gonfie vele e dire a passi di danza: Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna! Non vi è nessuno sotto il cielo come te Gesù, nessuno. Tu sei magnifico, poderoso! Sei forte! Sei bellissimo mio Signore e mio Dio. In così tanta violenza e bruttezza tu sei dolce e buono. Sei nel silenzio degli amanti come nella desolazione umana; Sei nel sole come nella notte; Sei nella gioia come nel dolore; Sei nella pienezza delle relazioni come nella solitudine dei cuori; Sei nell'abbondanza come nella povertà. Sei anche nelle nostre paure più profonde e nascoste. Tu ci Sei sempre Gesù. E' così duro Gesù il tuo discorso? Eccomi Gesù, ti basta uno vero in nome di tutta la chiesa? Eccomi Gesù, non me ne vado e se lo sconforto bussa alla mia porta sono certa nella tua presenza e grazia. Mi basti la tua grazia.E' la tua povera chiesa che te lo chiede anche se uno di noi come ognuno di noi è sempre pronto per tradirti, ci basta la tua grazia! La tua chiesa ti ama Gesù e ti adora!!!!
Anonimo ha detto…
stamattina don Claudio nell'omelia ha lanciato questa domanda-provocazione: servire.. Dio ha bisogno di noi come servitori, ma a cosa mai potremo servire, a Lui, che è tutto che ha tutto ? eppure ci chiama a servirlo e "il Signore è vicino a chi lo serve".. e la domanda è questa: ma Dio serve a noi ? nel mio cuore la risposta è esplosa subito: si !!! Dio mi serve, è con me, mi serve nel donarmi la Sua parola ogni giorno, e facendo questo illumina la mia vita, dà un senso ad ogni momento , al dolore, alle lacrime, alle speranze, mi serve, perchè mi mostra chi sono io e chi è Lui per me .. Monica