XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Letture: Ger 23,1-6 / Sal 2 / Ef 2,13-18 / Mc 6,30-34


IL GIUSTO RIPOSO



Alzi la mano chi non ha urgente, serio bisogno di un bel tempo di riposo? Ok. Giù le mani: siamo in troppi.


Bisogno

In mezzo a tanto superfluo, il riposo è una faccenda più che legittima, reclamato ad alta voce ora dal nostro corpo, ora dalla nostra mente, ora dal nostro cuore. Naturalmente, nessuno di noi si esime da questa piacevole urgenza. Cerchiamo di rilassarci e riposarci in infiniti modi. C'è però un problema: spesso non ci riusciamo e dopo aver provato a staccare la spina ci tocca ritornare al ritmo quotidiano più stanchi e più vuoti di prima. Ci sentiamo in buona e santa compagnia con il vangelo di oggi, che racconta come Gesù tenta di far riposare gli apostoli, senza purtroppo riuscirvi. Scrive Marco: «Andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero» (Mc 6,32-33). Poveri discepoli: neanche cinque minuti per stare un po' tranquilli in compagnia di Gesù! Dobbiamo però fare attenzione a non leggere questo episodio nel modo sbagliato, facendolo diventare subito un inno al sacrificio e all'abnegazione. Questo contenuto è senz'altro presente nel testo e anche nel dettato evangelico. Cristo non si è mai risparmiato nella sua vita e i discepoli, stando con lui hanno imparato, pian piano, a fare altrettanto. Ma potremmo così concludere che il cristianesimo ci chiede, tutto sommato, di essere sempre pronti ad andare oltre i nostri bisogni. A sapervi rinunciare, se necessario. Le cose non stanno esattamente così. Forse il cuore di questo vangelo va cercato altrove.


Motori spenti?

La cultura in cui viviamo è tutta orientata alla divagazione, al divertimento, alla ricerca del piacere di vivere. Ogni giorno fabbrichiamo e consumiamo occasioni per sottrarci allo stress e alla monotonia della quotidianità. Tutti, più o meno, concepiamo la vita come un'attività piuttosto pesante che ha necessariamente bisogno di alcune pause. Così ogni tanto spegniamo i motori e ci fermiamo, con la speranza di ricaricarci e di poter ripartire. Ciò è in parte giusto; infatti ogni giorno abbiamo tutti bisogno di dormire. Ma in questo tentativo, c'è un visibile inganno, perché vivere è agire. Quindi il vero riposo non può coincidere con il non fare niente, con l'ebbrezza dell'inattività! Un altro luogo dove cerchiamo invano di riposarci è la solitudine. Quando gli altri ci stressano e ci circondano, non vediamo altra soluzione che ritirarci e coltivare un po' noi stessi, i nostri interessi, le nostre cose. Operazione certo legittima, ma solo parzialmente, dal momento che Dio ci ha creati per le relazioni e non per la solitudine. Insomma, molte volte tentiamo di riposarci ma rimaniamo stanchi, perché quello che abbiamo fatto ha tentato di anestetizzare anziché rinnovare i motivi del nostro vivere.

No: cuore acceso!

La domanda a cui il vangelo vuole condurci è una sola: che cosa ci fa veramente riposare? Non fare nulla o, piuttosto, fare altro?! I discepoli tornano da una grande attività di annuncio del regno. Il Maestro li vede felici e agitati e propone loro di sospendere questa attività di evangelizzazione. Gesù intuisce che i suoi amici hanno bisogno di qualcos'altro, di staccarsi un po' da se stessi e persino dalle tante, belle cose che hanno fatto in nome di Dio. Ci provano, ma non ci riescono. La gente li precede nel posto deserto scelto per il ritiro. E succede una cosa importante: «(Sceso dalla barca) Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (6,34). Il Signore, appena vede «il gregge» (Ger 23,1) dell'umanità ha una mozione interiore, un fremito di compassione. E questo sussulto gli fa mettere da parte il legittimo bisogno di riposo, perché vede la mancanza di riposo altrui. Ecco il segreto di questo vangelo: il vero riposo è la compassione, il cuore capace di accensione. È la voglia di amare il vero relax che tutti stiamo in qualche modo cercando. Il riposo di cui abbiamo veramente tanto bisogno è quello che ci consente di ricominciare a 'muoverci' a causa degli altri, per compassione nei loro confronti. Stanchi, infatti, lo siamo in realtà quando non riusciamo più ad amare, ad accoglierci, a stare insieme. Quando sperimentiamo nei nostri rapporti quotidiani «il muro di separazione» (Ef 2,14) della «inimicizia» (2,16), quando non siamo più capaci di «presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (2,8), perché ciascuno pensa a se stesso e alle proprie cose. Ciò che rigenera davvero – noi stessi e il mondo – è soltanto una scossa interiore che diventa movimento d'amore verso l'altro. Come mai infatti talvolta, anche se siamo molto stanchi, incontriamo una cosa bella da fare che ci fa passare la stanchezza? È esattamente questa la molla di cui parla il vangelo. Il riposo è vero quando è capace di rinnovare la nostra voglia di ripartire nell'avventura dell'amore.


Il vangelo oggi non vuole dunque condurci ad una stoica abnegazione dei nostri bisogni, ma al raggiungimento di quelli che solo possiamo ritenere autentici. Abbiamo tutti una immensa voglia di vivere genuine relazioni di amore. Per farlo dobbiamo imparare a metterci «in disparte» per recuperare il meraviglioso «deserto» (Mc 6,31) del nostro cuore. Lì ci attende «la nostra pace» (Ef 2,14), Dio.


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