Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

Letture: At 1,1-8 / Sal 117 / 1Cor 15,3-10 / Gv 20,11-18


«DONNA, PERCHE' PIANGI?»



Quest'anno celebriamo la Pasqua di Risurrezione in giorni segnati dal lutto e dalla disperazione. Senza preavviso la terra ha tremato nel nostro Paese; tanti fratelli hanno perso la vita, numerose famiglie sono rimaste senza nulla, la coscienza di tutti si è destata tra le lacrime. 


Lacrime

Siamo rimasti tutti incollati alle immagini e alle notizie che, giorno dopo giorno, si susseguivano, facendo crescere il numero delle vittime, lasciandoci tutti avvolti da un grande silenzio. Abbiamo visto paesi interi trasformati in cimiteri, case ed edifici ridotti in macerie, famiglie distrutte, persone rimaste sole, volti dipinti solo coi colori dell'angoscia. C'è stata molta compostezza e dignità in questa tragedia. Tutti se ne sono accorti. Una silenziosa e operosa catena di solidarietà si è subito attivata, i riti e i sacramenti della fede cristiana hanno accompagnato il cordoglio e la preghiera per i defunti. Tutti ci siamo inginocchiati davanti al mistero della morte e della sofferenza. Come cantare l'Alleluia in questi giorni? Con quale atteggiamento esprimere la gioia per la risurrezione di Cristo, il giorno di festa che oggi celebriamo nella fede? Come stare vicino a chi ora è nel lutto con rispettosa cordialità? Forse riconoscendo anzitutto una cosa: che nelle immagini terribili trasmesse dalle televisioni dopo il terremoto, noi non abbiamo visto soltanto un avvenimento accaduto ad altre persone. Abbiamo tutti contemplato un mistero, un enigma, che riguarda la vita di tutti noi in questo mondo. Davanti al terremoto avvenuto in Abruzzo si sono riaccese le domande più vere: Perché tutto finisce? Perché quello che costruiamo crolla? Perché dopo aver cercato di costruire relazioni e affetti, nulla sembra poter rimanere per sempre? Perché la morte è il destino di tutti? Perché mentre proviamo a vivere i nostri occhi ad un certo punto si gonfiano di lacrime?


Sorrisi

L'annuncio della risurrezione che oggi la Chiesa ascolta muove i passi proprio da lacrime che cadono vicino alla silenziosa pietra: «Maria di Màgdala stava all'esterno, vicino al sepolcro e piangeva» (Gv 20,11). Il cuore di Maria è pieno di dolore per la morte di Gesù. Si è alzata presto, è corsa per prima al sepolcro, non poteva rimanere lontana dal corpo dell'amato Signore. Non sa ancora cosa è accaduto dentro il sepolcro, rimane all'esterno, come osserva attentamente l'evangelista. Così oppressa dalla tristezza, si china verso il temibile luogo della morte e vede «due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù» (20,12). Maria non dice e non fa nulla, allora i messaggeri svolgono la loro funzione: «Donna, perché piangi?» (20,13). Il segno è fortissimo: due angeli avvolti di bianca luce, seduti proprio dove cominciava e finiva il corpo del Signore, quasi a delimitare uno spazio vuoto, un perfetto e luminoso cartello che indica l'assenza della morte, là dove la morte dovrebbe essere l'unica, inamovibile certezza. Maria non capisce ancora, troppo grande il dolore nel suo cuore, troppo pieni di lacrime i suoi occhi. Infatti risponde: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto» (20,13). Quando siamo immersi nel dolore non riusciamo più a vedere alcuna speranza davanti a noi. Le ferite, i traumi, i colpi della vita riescono ad uccidere e seppellire la nostra capacità di guardare oltre l'apparenza, di leggere il significato delle cose che ci accadono. Quando siamo delusi e rassegnati nemmeno gli angeli riescono a sollevare il nostro cuore. Maria non riceve alcuna risposta alla sua domanda, il Vangelo resta estremamente sobrio. Chissà forse gli angeli sono rimasti composti, in silenzio e hanno sorriso, volgendo lo sguardo verso l'apertura del sepolcro, invitando Maria a dirigere altrove i suoi occhi e la sua ricerca. Infatti, «Maria si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù» (20,14). Maria si volta, è il primo passo, quello che la quaresima doveva aiutarci a compiere con maggior facilità: modificare l'orientamento, cambiare la direzione dei passi, convertirci! Ma il dolore resta ancora come un velo sui suoi occhi; Maria vede ma non riconosce Gesù. Quanto è vero questo momento nella vita di ogni discepolo! Tante volte anche noi ci troviamo davanti al Signore e non lo riconosciamo. Quante preghiere, quanti sacramenti celebriamo senza fare esperienza del Signore risorto, e restiamo vuoti di gioia, sprovvisti di speranza, aridi nel cuore. Gesù allora le ripete la domanda: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (20,15), ma Maria è disperata, le interessa soltanto il corpo, per questo risponde: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo» (20,15). Non c'è in lei altra speranza possibile se non quella di poter abbracciare il corpo morto del suo Signore. Anche noi restiamo talvolta terribilmente attaccati ai nostri dolori, assuefatti al sapore delle nostre ferite, incollati alle nostre macerie. È difficile farci staccare dal segno delle morti che ci hanno attraversato. Serve un autentico miracolo, una parola piena di amore: «Maria!» (20,16). Ora nell'animo di Maria avviene un terremoto: il cuore si spacca, gli occhi si spalancano, la gioia torna ad illuminare il volto: «Rabbunì!» eslcama, che significa «Maestro!» (20,16). 


Amati da morire

Cosa è accaduto a Maria? Cosa ha sentito mentre il Risorto pronunciava finalmente il suo nome? Maria ha scoperto – per prima – la gioia della Risurrezione di Cristo. Ha compreso che cosa l'uomo non può uccidere: l'amore di Dio, un amore che non si ferma davanti a nessun rifiuto, che non rimane prigioniero di alcun sepolcro. Improvvisamente gli occhi di Maria non vedono più soltanto l'uomo Gesù, il Nazareno, ma finalmente contemplano il Signore, il Figlio di Dio, come lei stessa dirà ai discepoli: «Ho visto il Signore!» (20,18). Al di là delle sue lacrime, Maria riconosce nel segno orribile del crocifisso si la silenziosa rivelazione dell'amore infinito di Dio per ogni uomo. È questo il mistero che noi cristiani celebriamo nella Pasqua. La Risurrezione per noi non è soltanto la definizione tecnica di una possibile soluzione al problema della morte, ma la notizia di un Dio che ci ama da morire, fino a strappare dal nostro cuore l'angoscia della morte. Fino a restituirci il coraggio di vivere e la forza di amare. Il terremoto in Abruzzo è stato senza dubbio una grande tragedia e ciascuno di noi è ora chiamato ad offrire gesti di concreta e intelligente solidarietà. Questo è fuori discussione. Ma saremmo davvero degli sprovveduti se non approfittassimo di questa occasione per occuparci dei cumuli di macerie che sono nelle nostre case, nei nostri rapporti familiari, nei luoghi di lavoro, nel nostro cuore. Nella disperazione di queste ore, nel nostro Paese abbiamo visto fiorire tanta dignità, tanta solidarietà, tanta fratellanza. Non sono forse queste le cose che mancano, spesso gravemente, nella nostra vita? Se oggi volgiamo gli occhi al sorriso del Risorto, il suo amore può raggiungere la nostra debolezza e ridonarle vigore. Lo ha promesso il Signore Gesù ai discepoli, dopo la sua risurrezione: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi» (At 1,8). Alleluia!


Commenti

anna ha detto…
Maria di Magdala deve fare ancora un passo avanti, oltre il suo dolore intimista,passo possibile nell'incontro con il Risorto. Fino a quel momento il suo amore per Gesù era carico di passione si, ma forse ancora centrato sul proprio corpo e su quell'amore puro e liberante che nessun uomo era stato capace di darle. Gesù mentre gli appare gli chiede di non toccarlo più come faceva prima, ma di andare ad annunziare agli altri che Lui è più potente della morte e che va dal Padre a prepararci un posto. Maria corre ed è proprio in questo correre ricolmo di amore donato e non più trattenuto che continua a fare esperienza del suo Amato. Maria sembra essere tutti noi guariti dal nostro egoismo…Quanta gioia profonda mi è trasalita dal cuore vedere il Risorto farsi mani, occhi, corpo presente in chi è uscito da se per andare incontro ai nostri fratelli terremotati. Vedere Berlusconi piangere e dare conforto agli abruzzesi nel giorno di Pasqua è stato un segno di Risurrezione per tutti noi italiani. Grazie Padre quanto è vero che sei vivo in mezzo a noi!!!!