Natale del Signore – Messa dell'aurora

Letture: Is 52,7-9 / Sal 97 / 1Cor 9,19-22a / Lc 2,15-20

(rito ambrosiano)


L'ESILIO, I PIEDI, IL CUORE



Celebriamo il Natale, andiamo ancora fino a Betlemme per vedere il segno che Dio ha preparato per noi, che la sua Parola ci ha fatto conoscere. In questa liturgia dell'aurora camminiamo nella fede in compagnia dei pastori, poveri uomini avvolti dalla luce di Dio. Tra le tante suggestioni che la Parola ci offre, ne scegliamo alcune su cui riflettere e meditare.


Fine dell'esilio

Nella prima lettura la liturgia ci fa ascoltare un oracolo del profeta Isaia che si colloca al tempo dell'esilio in Babilonia. Si tratta di un momento davvero drammatico della storia di Israele, che si è vista sottrarre il dono della terra in due battute. Prima ad opera degli Assiri che hanno invaso e conquistato il regno del nord (VIII sec. a.C.) poi attraverso i Babilonesi che riescono ad invadere il regno del sud, conquistando e distruggendo Israele. Per il popolo di Israele questa doppia sconfitta è come una gigantesca smentita di tutte le promesse che Dio aveva rivolto lungo i secoli, attraverso i suoi profeti. Anche noi conosciamo la terribile realtà di questa silenziosa assenza di Dio quando nella nostra vita si verificano situazioni angosciose e dolorose, nelle quali le sue promesse e la sua fedeltà sembrano svanire progressivamente, nonostante la nostra preghiera e la nostra devozione. Tutte le volte che ci fidiamo di Dio e poi le cose vanno male siamo assaliti dalla tentazione di dire (o almeno di pensare): 'Ho fatto male a fidarmi', 'Dio non è così buono e fedele come sembrava', 'Io ho creduto in lui e questa è la ricompensa'. Ogni volta che il credente vive questi sentimenti è come se fosse in esilio in Babilonia, perché l'esilio è la lontananza forzata dalla gioia, dai luoghi sicuri e dalle certezze su cui abbiamo fondato la nostra vita. Ebbene, in questo contesto di tristezza e di esilio risuona la voce del profeta, che annuncia un'impensabile salvezza. Come qualcuno in mezzo ad un deserto che non ce la fa più nemmeno a guardare all'orizzonte ad un tratto vede i piedi di un messaggero sorridente che grida: «Regna il tuo Dio». Il Natale si presenta a noi come la notizia che il nostro esilio è finito. Come una immensa gioia che vuole illuminare le tenebre che ciascuno di noi nella vita conosce. Il Natale è una bellissima notizia, ma è destinata ai poveri, a chi si sente in esilio e attende di tornare nella terra della vita, dove scorrono i fiumi della gioia e della pace.


Inizio del cammino

Infatti sono proprio dei pastori i primi destinatari della notizia. Questo annuncio però è solo una parola, che dobbiamo verificare. Rimane a noi un cammino da compiere sempre: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15). Anche noi come i pastori facciamo buona guardia alla nostra vita, abbiamo le nostre piccole sicurezze a cui ci siamo attaccati per sopravvivere nel tempo del nostro esilio. Ma spesso resta un'ombra di infelicità su di essa: invecchiamo, moriamo, restiamo sconfitti sotto i colpi della vita. Ecco perché Dio ci chiede di aggiungere un altro pezzo al nostro mosaico, di unire i nostri occhi ai suoi occhi e di credere che nello scenario della nostra vita c'è qualcos'altro rispetto a quello che conosciamo, una cosa che lui ha fatto per noi: il dono di un Salvatore, la speranza di una sicura salvezza. Il Natale è un evento che viene trasmesso di generazione in generazione attraverso la Parola, che annuncia il fatto sconcertante di un Dio-con-noi. Dal momento che proprio i poveri sono i primi destinatari di questo messaggio, ciò significa che c'è speranza per tutte le vite e per tutta la vita. Dio non ci dona miracoli o scorciatoie per compiere il nostro cammino in questo mondo. Ci regala – semplicemente – la sua perfetta compagnia lungo il viaggio. I pastori vedono solo un bambino e una mangiatoia: «E trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia» (2,16), però questo è sufficiente a loro per tornare a casa sazi e felici; la loro vita non è più la stessa. Tornano alle cose di sempre «glorificando e lodando Dio» (Lc 2,20)! 


Tutto da meditare

La vergine Maria ci indica il modo più vero per accogliere il Natale come fine dell'esilio e inizio di un nuovo cammino di vita. Un angelo le ha detto che Dio desiderava dimorare nel suo grembo e poi è volato via. Ora dei pastori le danno una conferma di questa volontà divina. Maria si fida di un Dio che offre molto raramente dei cartelli indicatori e poi – quasi –  si ritira dietro le quinte. Anche noi viviamo nel tempo lo stesso mistero. Ogni anno la Chiesa ci annuncia come un angelo il segno del Bambino, il segno del pane sull'altare. E noi siamo invitati a credere che Dio è davvero qui, in questo mondo, in questa storia: è con noi per dirci il suo amore e la sua fedeltà. Per chiederci umilmente di poter condividere il nostro cammino e crescere nei nostri  cuori. A noi rimane la splendida possibilità di accoglierlo. Semplicemente; davvero!


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