Venerdì - I settimana di Avvento

Letture: Is 29,17-24 / Sal 26 / Mt 9,27-31


LUCE GIOIOSA



Oggi la liturgia ci fa meditare la venuta del Signore come l'irrompere di una grande luce nelle oscurità della vita, fino a farci esclamare insieme al salmista: «Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?» (Sal 26,1). Uno dei più antichi inni cristiani, utilizzato ancora oggi nella liturgia bizantina, si chiama proprio 'phos ilaron', che significa luce gioiosa, in riferimento alla venuta del Signore in mezzo ai suoi fedeli. La luce, infatti, per chi giace nelle tenebre, non può che essere accolta con sentimenti di gaudio e di esultanza, perché rappresenta la possibilità stessa di ricominciare ad esistere e non il semplice miglioramento delle condizioni di vita. 


Ne sanno qualcosa i «ciechi», come quei «due» che un giorno «seguivano» il Signore Gesù, spinti da un irresistibile grido: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi» (Mt 9,27). Il Maestro non sembra concedere immediata attenzione a questa invocazione di salvezza. Matteo racconta che dopo essere «entrato in casa, i ciechi gli si accostarono» (9,28). C'è molto da meditare su questo singolare incontro. Gesù sembra fare un po' il prezioso, anziché lasciarsi prendere dalla compassione, come in altre occasioni, quando era lui stesso a proporre o a compiere direttamente un gesto di guarigione. Ma la cosa più interessante è la capacità di questi non vedenti di rimanere incollati al percorso di Gesù senza nemmeno poterlo vedere. Pur non avendo la vista, riescono ad essere perfetti discepoli che seguono e ascoltano la parola del Maestro, il quale gli chiede: «Credete voi che io possa fare questo?» (9,28). Nessuna esitazione, soltanto un'esclamazione rocciosa e gioiosa: «Sì, o Signore!» (9,28) 


In questa lapidaria professione di fede, c'è la Buona Notizia di oggi, che può alimentare la nostra preghiera. Anche così si prepara e si affretta la venuta del Signore: annuendo, mostrando la fiducia e il desiderio che se Dio vuole e se Dio viene, allora tutto sarà diverso. Tornerà la luce, fuggiranno le tenebre. Infatti, la vera luce di Dio «già risplende» (1Gv 2,8), ma è solo il nostro desiderio di incontrarla che può darle il permesso di squarciare il velo dell'oscurità che circonda il nostro volto, dando compimento alle antiche profezie: «Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro; liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno» (Is 29,18).


Gli occhi dei ciechi vedranno; le orecchie dei sordi udiranno. Il mistero dall'incarnazione sta dentro queste paradossali promesse che attendono soltanto il 'visto' della nostra fiducia. La venuta del Signore e della sua splendida luce è misteriosamente vincolata al nostro desiderio che essa possa compiere cose nuove e meravigliose. Il sorriso di Dio attende di incontrarsi con la speranza di gioia che portiamo dentro il cuore. Sembra strano – addirittura incredibile – ma è proprio la nostra fede che permette a Dio di operare miracoli. Lo dice il Maestro senza possibili fraintendimenti: «Sia fatto a voi secondo la vostra fede» (Mt 9,29). E, racconta il Vangelo, «si aprirono loro gli occhi» (9,30).


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