Giovedì – XXXIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ap 5,1-10 / Sal 149 / Lc 19,41-44


PIANGERE



La storia – quella del mondo, quella di ogni persona – è come un misterioso «libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli» (Ap 5,1). Nella vita di ciascuno esiste una storia vissuta e vista dall'interno, intessuta di sentimenti, emozioni, stati d'animo, e una storia vista dall'esterno, una successione di avvenimenti simili a tante perle infilate in una collana. Questo coacervo di cose scelte e capitate è un volume arcano che «nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra» è «in grado di aprire e di leggere» (5,3). Davanti al sigillato libro della storia, il veggente di Patmos è assalito da una disperata tristezza: «Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo» (5,4). Ciò è molto naturale, quando il muro impenetrabile della realtà non ci lascia intravedere nessuna luce all'orizzonte, quando gli episodi amari e dolorosi di cui tutti facciamo esperienza ci strappano dalle mani tutto ciò che pensavamo fosse pace e sicurezza. Meno facile è piangere, quando farlo significa riconoscere che il buio davanti a noi è il frutto sgradevole delle nostre chiusure: «Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc 19,43-44).


Il Signore Gesù «pianse» (19,41) alla vista di Gerusalemme, la città della pace, che non riusciva ad essere «la via della pace» (19,42), luogo di convegno universale per gli uomini amati da Dio. Il Signore si accorge che Israele ha talmente rinunciato a piangere di fronte al misterioso libro della storia che ormai la salvezza «è stata nascosta» (19,42) ai suoi occhi. Perché questa è l'alternativa possibile al pianto: la chiusura di ogni feritoia, l'irrigidimento nel già noto, la paralisi del muscolo cardiaco, la rinuncia a qualsiasi salvezza possa provenire dal «lato esterno» (Ap 5,1) del libro della vita. Anche ciò, purtroppo, è molto naturale sotto il cielo. E allora la collana dei nostri gironi diventa una pesante e incomprensibile catena, dove l'oscurità dei momenti bui toglie ogni luce alla speranza, ogni vitalità alla gioia.


Ricominciare a vivere talvolta significa ricominciare a piangere, accettando l'accoglienza del mistero che è in noi e fuori di noi. Per un cristiano il pianto si svolge al cospetto del mistero pasquale di Cristo, presente in mezzo alla storia nella forma di «Agnello, come immolato» (5,6). Egli è «degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli» (5,9) perché ha amato ogni nome, ogni scarabocchio, ogni sbavatura presente nel libro santo della vita. Piangere davanti a questo suo amore significa pregare, gettare i nostri sentimenti più sacri nelle «coppe d'oro colme di profumo» (5,8) che cospargeranno le stanze dell'eternità. Piangere davanti all'Agnello immolato per noi e come noi, significa entrare nel libro sigillato per aggiungervi un verso indispensabile, un «canto nuovo» (5,9), da intonare insieme a molti fratelli, «uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (5,9), come noi scritti per sempre nel libro della vita.


Commenti

Anonimo ha detto…
In vista di Cristo Re ...
"Non piangere più; ecco,ha vinto il leone della tribù di Giuda ..."
Il mondo in cui viviamo, come la savana, ci mostra quotidianamente l'immagine della vittoria del forte. Ma la forza di "questo" leone è la mansuetudine: è un agnello!
Hai ragione Robi, solo il Suo amore e quello che suscita in noi consentono a occhi purificati da lacrime vere, asciugate dal Consolatore nella contemplazione del mistero a due facce della croce e resurrezione, di leggere insieme a Lui la storia: nostra e del mondo che ci circonda.
Solo allora, rimanendo in pace, possiamo far saltare ogni sigillo posto a protezione e nascondimento della nostra debolezza, offerta nella coppa profumata della preghiera.
chiara 2
Marcello ha detto…
A volte si dice che la vita e` ingiusta: ma come posso pensarlo veramente? Dio puo` aver creato qualche cosa di ingiusto? La vita ci sembra ingiusta, ma non lo e`.
E` che i nostri giorni a volte sembrano non avere un senso, sembrano essere "ingiusti": ma perche` mi capita questo? ma perche` proprio a me? ecc. Capita di dire che la vita sia ingiusta perche` non la capisco, perche` il libro e` sigillato; per questo devo sempre ascoltare Gesu`: perche` soltanto lui puo` leggere correttamente e spiegarmi questo libro. E` questa la regola base per capire il libro della vita? Per avere la vita? Ascoltarlo in silenzio....................
Anonimo ha detto…
piangere davanti ai nostri e altrui fallimenti, avere la forza e l'umiltà di guardarli bene e metterli nelle mani di Dio, ai suoi piedi, ai piedi della croce, perchè Lui li possa prendere e trasformare in frutti di vera conversione e di amore.. forse questo ci può salvare..e restituire il sorriso. monica
Anonimo ha detto…
In vista di Cristo Re ...
"Non piangere più; ecco, ha vinto il leone della tribù di Giuda ..."
Il mondo in cui viviamo, come la savana, ci mostra quotidianamente l'immagine della vittoria del forte. Ma la forza di "questo" leone è la mansuetudine: è un agnello!
Hai ragione Robi: solo il Suo amore e quello che suscita in noi consentono a occhi purificati da lacrime vere, asciugate dal Consolatore nella contemplazione del mistero a due facce della croce e resurrezione, di leggere insieme a Lui la storia: nostra e del mondo che ci circonda. Solo allora, rimanendo nella pace, possiamo far saltare ogni sigillo posto a protezione e nascondimento della nostra debolezza, offerta nella coppa profumata della preghiera.
Chiara2