XXVIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Letture: Is 25,6-10 / Sal 22 / Fil 4,12-14.19-20 / Mt 22,1-14

  

INVITATI A NOZZE



Ma cosa sta cercando di dirci il buon Maestro da qualche domenica a questa parte? Proviamo a riavvolgere il nastro della memoria, lasciando che le immagini utilizzate dal Signore in queste ultime settimane raggiungano il nostro cuore. Ci sentiamo operai frustrati della prima ora che si innervosiscono quando agli altri le cose vanno bene senza tanto sforzo (tre domeniche fa). Chissà poi se è proprio vero che noi siamo quelli che tirano la carretta e sgobbano più di tutti!? Magari siamo così bloccati e contratti che non riusciamo più a pentirci e a cambiare, così siamo capaci di dire solo 'signor sì', ma non di compiere veramente la volontà di Dio (due domeniche fa). Questo nostro caratteraccio – permaloso e invidioso – rischia di diventare persino violento, non appena il Signore si avvicina per cogliere dalla nostra pianta i frutti maturi della vita (domenica scorsa). Bel guaio: operai brontoloni, poco creativi e aggressivi. Come mai? Forse perdiamo con estrema facilità la coscienza che il senso della vita non è conquistare un pugno di terra e di gioia, ma partecipare ad una festa d'amore: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio» e «mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze» (Mt 22,1). Splendida immagine (grande Gesù!), che però oggi incontra almeno due ostacoli immediati. 


Basta matrimoni!

Il primo è l'assoluta perdita di fascino che l'immagine nuziale ha nella nostra contemporaneità (cf il crollo dei matrimonio). Il secondo, non meno importante, è il disagio che prima o poi si sperimenta di fronte ad un invito a nozze. Tanti amici single mi raccontano la loro fatica nel partecipare a liturgie e festeggiamenti nuziali troppo frequenti. Quante persone poi portano nel cuore i frammenti di un patto nuziale ormai definitivamente spezzato. Oggi sembra difficile pensare all'amore nuziale con ottimismo; per un motivo o per l'altro, l'idea di un matrimonio non riesce ad evocare immediatamente sentimenti di gioia e di entusiasmo. Eppure il Signore Gesù ci parla di un matrimonio speciale, quello che Dio ha deciso di stabilire con tutta l'umanità: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6). Il Maestro sta cercando di dire, a quella parte molto religiosa del nostro cuore, che in Dio c'è soprattutto il desiderio di incontrarci ed entrare in una comunione di vita, di amore, di gioia con noi. Altro che lamentarci perché gli altri sorridono! Altro che nasconderci dietro alle parole! Altro che reagire in modo scorbutico, quando la ruota della storia viene a raccogliere frutti dal nostro albero! E invece niente: non capiamo, non accogliamo, anzi rimaniamo – discretamente – volgari e violenti: «Altri (invitati a nozze) presero i servi (del re), li insultarono e li uccisero» (Mt 22,6).


No, ancora!

Dio però non si arrabbia e non si toglie così velocemente il vestito da sposo. Anzi, dilata con estrema libertà interiore il desiderio incontenibile di avere una casa in festa piena di figli, «buoni e cattivi» (22,10) che siano. Così – dopo aver abbandonato alla morte gli assassini – ricomincia ad invitare gli uomini alle nozze dell'Incarnazione: «Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ai crocicchi delle strade – dice ai suoi servi – e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (22,8-9). L'amore di Dio non si ferma davanti alla nostra scortesia: è un fiume in piena, impetuoso e fedele. Il nostro rifiuto arrogante non riesce a paralizzare la sua voglia di introdurci nella stanza nuziale dell'eternità. Anche perché il Signore sa che dietro alle nostre brutte reazioni, ci sono grandi bisogni che non sappiamo ascoltare e nutrire: il bisogno di togliere «la morte per sempre», di asciugare «le lacrime su ogni volto» e – bellissimo – la necessità di non avere più il volto coperto da «ignominia» (Is 25,8). Siamo cuccioli agli occhi di Dio, da amare e nutrire per sempre. Per questo i giorni che viviamo non sono la successione casuale o caotica di un misterioso destino, ma il tempo delle nozze!


L'abito fa il monaco (e il cristiano)

Che non ci accada però di trasformare questa immensa bontà in una stucchevole quiescenza! Il nostro re è stramisericordioso, ma guai a noi se assumessimo l'atteggiamento furbetto di approfittarne, come quel tale «che non indossava l'abito nuziale» (Mt 22,11), e poi «ammutolì» di fronte alla precisa domanda (decisamente retorica) del re: «Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale?» (22,12). Sbagliare vestito è spesso un vero peccato; non averlo nemmeno è addirittura un'insopportabile nudità che mette a disagio tutti. Fuori metafora il Vangelo ci dice che non possiamo ricevere i doni di Dio senza accogliere – con gioia e corrispondenza – il più grande dono del suo amore. Nell'eternità, come nel tempo presente. Non esiste la possibilità di uscire dal mistero di questo mondo se non nella forma della festa nuziale. L'invito alle nozze è da raccogliere adesso, vivendo con pace e amore i nostri giorni, senza legarci né allarmarci ad ogni cambio di stagione, ma abituandoci a tutto: «alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza» (Fil 4,12). È il tempo presente il momento favorevole per rivestirci di Cristo, dei suoi sentimenti e della sua «forza» (4,13), e camminare insieme ai fratelli verso «la sala» (Mt 22,10) della festa nuziale. Sì, l'abito fa il cristiano, quando è la necessaria manifestazione di un cuore abitato dalla pace di Dio. «Pochi» scelgono di indossarlo, anche se in realtà «molti sono chiamati» (22,14). Che strano!


Commenti

Anonimo ha detto…
Mi capita spesso di spendere molto tempo per scegliere l'abito giusto, ma ciò che dimentico di curare con altrettanta attenzione è l'abito interiore di accoglienza e condivisione.

E' capitato anche a me a volte di essere ad un matrimonio e di pensare perchè quella gioia non viene riservata anche a me, ma per fortuna mi risveglio presto da quel "torpore" e ricordo che ciascuno ha i suoi talenti e mi sforzo di concentrarmi su quelli che Dio ha donato a me.
Anonimo ha detto…
Signore,
a quanto pare hai un armadio pieno di abiti meravigliosi, a disposizione di chiunque li apprezzi e te li chieda.
Aiutami a liberarmi dei miei "straccetti" per far posto ai tuoi splendidi regali
chiara 2