Giovedì – XXIX settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ef 3,14-21 / Sal 32/ Lc 12,49-53


PIENI DI FUOCO



Parole ardenti ci rivolgono oggi le Scritture sante. Anzitutto quelle dell'apostolo Paolo, che abbandona la riflessione teologica per dare spazio ad una preghiera calorosa in favore dei «santi che sono in Efeso» (Ef 3,1): «Fratelli, io piego le ginocchia davanti al Padre […] perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore» (3,14.16). L'esperienza cristiana che Paolo sta vivendo nella sua anima trabocca in un desiderio infuocato di rendere i fratelli nella fede partecipi di quella vita nuova che si alimenta e si esprime «nell'amore di Cristo» (3,19). Paolo deve aver fatto esperienza di quanto la grazia sia capace di trasformare «l'uomo interiore» e, nel contempo, di come sia arduo permettere all'Ospite interiore – il Signore risorto – di rimanere «per la fede» dentro il nostro cuore, affinché siamo «ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (3,19). La sua preghiera è sincera e serena, perché nasce dalla consapevolezza che Dio «ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare» e che lo Spirito di Cristo è una «potenza» che «già opera in noi» (3,20), precedendo e accompagnando il nostro desiderio profondo verso la sua verità.


Sebbene di questo amore trasformante «del Signore sia piena la terra» (salmo responsoriale), resta il mistero della nostra libertà che può decidere – davvero – di abbandonarsi o meno all'impeto di questa fiamma. Senza cercare «di piacere agli uomini» (Gal 1,10), il Maestro Gesù si dichiara disincantato riguardo al destino di questo suo amore: «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico ma la divisione» (Lc 12,51). Il Signore è consapevole di aver ormai acceso «il fuoco sulla terra» (12,49), cioè di aver spalancato agli uomini la porta che conduce all'amore «più grande»: quello che si esprime nel «dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Ma è ugualmente cosciente che l'amore non si propaga come un incendio in un bosco. L'uomo può liberamente e deliberatamente scegliere di non entrare nel dinamismo tanto bello quanto esigente della carità. E con queste parole Gesù demolisce il mito di un amore facile e scontato, per proporre all'uomo il cammino verso un amore libero. Libero persino da se stesso e da qualsiasi aspettativa possa accompagnare le sue manifestazioni: «D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre» (Lc 12,52). Non è vero infatti che l'amore è capace di unire immediatamente le persone. L'amore prima divide, perché quando si manifesta giudica immediatamente la capacità dell'altro di amare e di lasciarsi amare. L'amore è una spaventosa lama che ogni giorno separa gli uomini in due schieramenti: quelli che assumono la faticosa gioia di dedicarsi al mondo e agli altri e quelli che, disgraziatamente, si ritraggono dalla verità delle relazioni che sempre ci chiedono una certa disponibilità all'amore. 


Ciò non significa che nel mondo, agli occhi di Dio, ci siano i buoni e i cattivi. Questa sarebbe una grossolana sintesi del Vangelo. La Parola ci annuncia che il fuoco dell'amore arde sulla terra e può riversare tutta la «pienezza di Dio» nel nostro «uomo interiore». Chi riesce ad accogliere dentro di sé la forza di questo incendio comincia – già in questo mondo – a «comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità» (Ef 3,18) dell'amore infinito di Dio. E può pregare il Padre affinché altri – i fratelli – possano presto essere «radicati e fondati nella carità» (3,17). Al di fuori di ogni solitudine e tristezza.


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