Giovedì – XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ef 1,1-10 / Sal 97 / Lc 11,47-54


IL SANGUE



Molto contrastanti risultano i toni delle due letture di oggi. Decisamente luminoso quello di Paolo, irrimediabilmente duro e minaccioso quello del Maestro che perfeziona la sua invettiva contro «gli scribi e i farisei», i quali cominciano «a trattarlo ostilmente» (Lc 11,53) e a tendergli «insidie» (11,54). Il punto dolens sul quale Gesù cerca di costruire la sua reprimenda è «il sangue», cioè la vita perseguitata e uccisa – soprattutto quella dei profeti di Dio – da parte di ogni generazione, in una sorta di malefica complicità con il passato: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri» (11,47). Trascurando il modo di esprimersi e di argomentare – dal quale ci sentiamo un po' distanti (no, caro Gesù il tuo ragionamento fila poco liscia nella nostra testa: non è un bel gesto tumulare gli uccisi?! cosa vuoi che lasciamo i cadaveri per strada?!) – il pensiero del Signore è piuttosto chiaro: viene denunciata una subdola connivenza nel male, che si esprime nel gesto di nascondere il sangue dentro la terra, così da insabbiare le tracce del misfatto. C'è forse in questa immagine di imprenditoria funebre un atteggiamento che l'umanità riesce sempre ad assumere con drammatica disinvoltura. Ad ogni generazione – anche «questa» (11,51), la nostra – sarà «chiesto conto» (11,50) del sangue versato e poi sepolto, in una macabra complicità di crudeltà e silenzio. Non è l'esperienza che facciamo anche noi, ogni volta che trasgrediamo – in forme più o meno evidenti – il quinto comandamento della Legge di Dio?! Uccidiamo e cancelliamo le prove. Se invece ad uccidere sono stati gli altri, ostentiamo atteggiamenti di pietà assicurando una dignitosa sepoltura al cadavere, per sgravarci la coscienza dai nostri personali (e nascosti) omicidi. Il Signore oggi ci chiede conto del sangue: quello che è caduto in terra e ha macchiato le nostre mani, così come quello sparso attorno alla nostra codarda libertà.

Per fortuna le parole di Paolo ci impediscono di restare chiusi nella paura o senso di colpa, proponendoci la visione di un modo assolutamente altro con cui il sangue può essere versato e affrontato: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. (In lui) abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1,3.7). Dio il sangue non lo sparge né lo nasconde, ma lo dona e poi lo mostra. L'ouverture della lettera agli Efesini, che accompagnerà la nostra riflessione nei prossimi giorni, è una magnifica sinfonia d'amore e salvezza che mette a tacere il grido disperato del nostro mondo che uccide e soffre. Anche noi possiamo entrare nel ritmo di questa musica cosmica, perché conosciamo «il mistero della sua volontà» (1,9): diventare «figli» (1,5), comportarci da fratelli sempre in ogni occasione, «essere santi e immacolati» (1,4). Non con le nostre forze, ma «per opera di Gesù Cristo» (1,5). Non ha parole, ma «coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18). Con il nostro sangue.


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