Lunedì - XVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ger 28,1-17 / Sal 118 / Mt 14,22-36


PROFETI DI DIO



Lunga. E nemmeno troppo facile la prima lettura. Per fortuna il Vangelo riprende la narrazione avviata nella liturgia domenicale con la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un tema, tuttavia, sembra essere il filo rosso della parola di Dio che oggi la chiesa ascolta nella celebrazione eucaristica: la distinzione tra la vera profezia e quella falsa. La profezia consiste nella capacità di leggere la storia e gli avvenimenti con gli occhi di Dio, per comprendere la direzione della sua volontà. Entrambe le letture ci mostrano come ciò non sia facile, soprattutto nei momenti di crisi, e quali siano le condizioni imprescindibili per mantenere un autentico spirito profetico di fronte alla storia.


Il profeta Geremia, suo malgrado, si trova per l'ennesima volta costretto a fare l'uccello del malaugurio. Anania vorrebbe predire «la pace» (Ger 28,9) al popolo, mentre i Babilonesi spadroneggiano nella terra dei padri di Israele e delle promesse di Dio. Il popolo è stanco ed esausto, ma forse non ha ancora convertito il cuore dall'idolatria e dall'infedeltà. Anania crede di parlare a nome di Dio promettendo un intervento dall'alto in favore di Israele: «Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io romperò il giogo del re di Babilonia» (28,2). A Geremia, profeta dal cuore libero e coraggioso, queste promesse non sembrano autentiche, così decide di ritirarsi andandosene «per la sua strada» (28,11). Infatti, «Nabucodonosor, re di Babilonia» (28,14) distruggerà Gerusalemme nel 586 a.C. e Anania morirà per aver «predicato la ribellione contro il Signore» (28,16). Anche Gesù si comporta allo stesso modo, quando si accorge che la folla e i discepoli hanno frainteso il senso del miracolo appena compiuto, credendo che Dio – finalmente – ha deciso di risolvere i problemi al posto dell'uomo: pane e pesce a volontà, per tutti e per sempre. Ma il significato del miracolo era un altro: l'invito a saper condividere il poco mettendolo insieme davanti alla provvidenza di Dio. I discepoli, delusi dall'atteggiamento di un Maestro che non approfitta del successo appena conquistato, piombano in una notte buia e tempestosa, tanto che la loro barca «era agitata dalle onde, a causa del vento contrario» (Mt 14,24) mentre Gesù si trovava «sul monte, solo, a pregare» (14,23).


È dura accettare la volontà di Dio, soprattutto quando permette cose terribili, che ci mettono paura e ci fanno soffrire. Non è facile condividere il modo di fare del Signore, che sembra non essere mai sazio di farci crescere nella capacità di amare. Ma sorprende ancora di più la disponibilità del profeta Geremia e del Signore Gesù a rimanere fedeli alla verità piuttosto che ad un facile consenso. Non si tratta di arroganza o di autosufficienza, ma della capacità di ascoltare fino in fondo le conseguenze della parola di Dio, anche quando queste ci conducono dentro il buio di una solitaria preghiera. Solo quando accettiamo di affidarci al Signore completamente, fino al punto di sembrare agli occhi degli altri quasi «un fantasma» (14,26), possiamo diventare profeti di Dio, trasparenza della sua buona ed esigente volontà. Prima però dobbiamo avere il coraggio e la perseveranza di attraversare la notte e la tempesta, senza farci atterrire dalla «violenza del vento» (14,30). Lasciando che il grido della nostra «poca fede» (14,31) esca, libero e forte dal nostro cuore: «Signore, salvami!» (14,30).


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