Giovedì - XI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Sir 48,1-14/ Sal 96 / Mt 6,7-15


TROPPO?



Dopo un ampio elogio, nel quale vengono passate in rassegna le imprese compiute da Elia e i doni ricevuti da Dio, Ben Sira (autore del Siracide) conclude esclamando: «Beati coloro che ti videro e che si sono addormentati nell'amore!» (Sir 48,11). Elia ha capito e, gradualmente, testimoniato con la sua vita che la parola «simile al fuoco» che «bruciava» in lui «come fiaccola» (48,1) e che lo ha guidato a compiere «prodigi» (48,4), a spingere re «alla rovina» (48,6) ad annunciare «rimproveri» e «sentenze di vendetta» (48,7) era una parola d'amore. Questo amore è la forza stessa di Dio, nella quale la nostra vita può sprofondare sicura e tranquilla, come in un sonno, dal momento che «forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!» (Ct 8,6). La potenza di questo amore si è manifestata successivamente in Eliseo, il quale non «appena Elia fu avvolto dal turbine fu pieno del suo spirito» (Sir 48,12). Guidato da questo spirito ardente il profeta discepolo Eliseo «non tremò davanti ai potenti e nessuno riuscì a dominarlo» (48,12). Addirittura – conclude l'autore sacro – «Nulla fu troppo grande per lui» (48,13).


Che bello! Ad essere sinceri invece, quello che il Maestro Gesù ci insegna e ci chiede vivere attraverso la preghiera del Padre nostro in molte occasioni ci sembra troppo, davvero troppo grande da realizzare. Parliamo naturalmente del perdono, che il Signore ha posto come condizione vincolante per vivere un rapporto autenticamente filiale con Dio padre: «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Pare vostro celeste perdonerà anche a voi; m se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14). Queste parole non sono un supplemento facoltativo alla preghiera di Gesù, ma il suo più autorevole commento. Ci ricordano che tra tutte le cose che domandiamo a Dio il perdono – che è un arte e un cammino – è la responsabilità più grande che dobbiamo quotidianamente assumerci di fronte «agli uomini». A nulla vale chiedere a Dio la misericordia per i nostri peccati, quando manca in noi una sincera disponibilità a fare altrettanto con chi ha dei debiti verso di noi. Sarebbero parole «sprecate», vaniloqui come» fanno «i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole» (6,7).


La Parola di Dio oggi ci libera dall'inutilità di tante parole che abitano lo spazio della nostra fede e ci invita a mettere a fuoco il perdono, come imprescindibile esigenza del nostro battesimo. Mettere il nostro orgoglio ferito da parte e perdonare sembra a noi un passo «troppo grande» (Sir 48,13) per il nostro cuore abituato a non esagerare e a non correre rischi. Sarà vero? Può Dio avere nei nostri confronti una «volontà» impossibile? La paura di amare di più non sarà forse solo una grande «tentazione»: la tentazione di non diventare simili a Dio, lasciando che si compia il suo desiderio: «Come in cielo così in terra»? (Mt 6,10).


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