Martedì - VI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gc 1,12-18 / Sal 93 / Mc 8,14-21


NON ANCORA



«Non capite ancora?» (Mc 8,21) dice il Signore Gesù ai suoi discepoli spaventati e a noi, viandanti distratti e smarriti, nell'avventuroso viaggio sulle acque agitate della vita. Sulla «barca» della Chiesa nascente si crea velocemente il panico, quando ci si accorge di aver dimenticato di «prendere dei pani» e non si riconosce la preziosità di avere «un pane solo» (8,14). Anche nella Chiesa millenaria e navigata di cui facciamo parte si cade con estrema facilità in questa paura di non avere abbastanza nutrimento e di non riuscire ad arrivare fino «all'altra sponda» (8,13).


Talmente assorbiti da innumerevoli e irragionevoli fobie, noi discepoli riusciamo a convivere con una assoluta incapacità di credere stabilmente alla fedeltà dell'amore di Dio. Ci piace parlarne, non esitiamo a professarla quando ci ritroviamo insieme, eppure con quanta facilità la fiducia in questo amore divino svanisce nel nulla quando il nostro cuore non «sopporta» più la durezza della «prova» (Gc 1,12) ed esclama: «Sono tentato da Dio!» (Gc 1,13). Con apparente religiosità diciamo: 'Il Signore mi sta facendo passare proprio un brutto momento', oppure 'Questa prova che Dio mi ha mandato è davvero pesante!', ma in realtà siamo precipitati nella più totale sfiducia e cominciamo ad essere attratti «dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode» (Mc 8,15). Il lievito dei farisei attrae il discepolo che sta imparando a lasciarsi guidare dallo Spirito con il prestigio che deriva dall'osservanza della legge religiosa; il lievito di Erode invece «attrae e seduce» (Gc 1,14) il suo cuore immaturo con l'inganno dell'avere e del potere.


Il Maestro Gesù si accorge che il nostro cuore rischia di condurci «fuori strada» (Gc 1,16), perché incapace di ricordare che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce» (1,17). Risuonano come tuoni nella coscienza le domande (senza risposta) rivolte ai discepoli: «Non intendete e non capite ancora?»,  «Avete il cuore indurito?» (Mc 8,17) «Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?» (8,18). Ci fa bene ascoltarle e, in silenzio, meditarne il senso profondo. Per «quante ceste» (8,19) di vita il Signore ci abbia donato, la nostra fede in lui è ancora molto debole. Sebbene i suoi regali siano tanti e quotidiani, non siamo ancora convinti che la sua «la grazia ci sostiene» (salmo responsoriale) e che la vita è un dono da accogliere. Abbiamo un corpo, un'anima, una mente e uno spirito, una casa, il cibo, i vestiti, un lavoro, degli affetti, un cielo e una terra: segni nei quali riconoscere il volto amorevole di un Padre. Eppure abbiamo paura, perché non abbiamo ancora capito che in Dio e nella sua volontà «non c'è variazione né ombra di cambiamento» (Gc 1,17)


Non ancora, appunto.

Non abbiamo capito ancora!


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