Venerdì dopo le ceneri - Tempo di Quaresima

Letture: Is 58,1-9 / Sal 50 / Mt 9,14-15


SENZA LUTTO



Oggi togliamo un po' di cibo dalle nostre mense; siamo invitati al digiuno per convertire il nostro cuore a Dio. Lo facciamo volontariamente e serenamente affinché dentro di noi si ridesti la fame della giustizia e il desiderio di compiere il bene. Le letture che la liturgia ci propone vogliono assicurare a questo gesto penitenziale una corretta prospettiva evangelica. Sarebbe davvero un guaio se il nostro impegno quaresimale, animato da un sincero desiderio di rinnovamento interiore, depositasse mattoni su un fondamento fragile o inadeguato. 


«Non digiunate più come fate oggi», grida a squarciagola il profeta (Is 58,4). Non abbiamo ancora iniziato a mortificarci e veniamo già raggiunti da un'indicazione correttiva, che ci invita a porre fine ad una certa modalità di rapportarci con Dio. Esiste infatti un modo di fare penitenza che davanti a Dio è soltanto «chiasso» (58,4), inutile e fastidioso. A cosa si riferisce il profeta? A quel modo superficiale di vivere i gesti religiosi, senza alcuna coerenza con la vita che nel frattempo continua a procedere in una direzione contraria alla giustizia, alla verità e alla misericordia. Ci «si mortifica» (58,5), ma si rimane nei «delitti» e nei «peccati» (58,1). Tutto inutile! Tutto vano! Procedendo in questa strada ambigua, anche noi arriviamo prima o poi a pensare che in fondo è inutile mortificarci, se la nostra vita non cambia: «Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?» (58,3).


Sarebbe onesto riconoscere che molte delle cose che facciamo – non solo il digiuno –  assomigliano proprio a un inutile sacrificio. Non perché manchino di generosità o di qualche virtù, ma perché nascono da un vuoto e dalla tristezza che lo riempie. Diventano allora luminose le parole che il Signore Gesù pronuncia nel Vangelo: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?» (Mt 9,15). In Quaresima siamo invitati a fare un coraggioso discernimento sul modo con cui «lo sposo» è con noi e noi con lui. La libertà evangelica non ci esime dal praticare le forme esteriori utili alla conversione interiore. Ci dona soltanto la serenità di non farle mai diventare il fine del nostro cammino spirituale, ma un utile e insostituibile mezzo. Infatti, aggiunge il Maestro: «Verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno» (9,15).


Ci sono segni inequivocabili per verificare se il nostro digiuno è un gesto evangelico compiuto in memoria dello sposo. Questi segni sono l'attenzione che viviamo nei confronti dei fratelli: «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo» (Is 58,6). Alla forma esteriore del digiuno deve corrispondere «un profondo rinnovamento dello spirito», secondo la preoccupazione della preghiera di colletta della messa. La sottrazione che compiamo ai nostri desideri e ai nostri piaceri quotidiani è chiamata a diventare immagine di quella necessaria sottrazione di pesi e di ingiustizie, che ogni giorno gettiamo sulle spalle di chi vive accanto a noi, per nutrire il nostro egoismo, per evitare il doloroso e delicato ministero della riconciliazione e del perdono.


Digiuniamo, dunque! Senza lutto. «Senza distogliere gli occhi» (58,7) dai nostri fratelli. È per la vita il digiuno, anche sa ha la forma della privazione. È un togliere per aggiungere; un dividere per moltiplicare! Attraverso questo gesto vogliamo liberare la potenza d'amore che dentro di noi sonnecchia colpevolmente. C'è una luce immensa dentro di noi, che attende soltanto di sorgere, come fa «l'aurora» (58,8) quando – lieve – pone termine alla notte, decretando la fine delle tenebre. C'è una «ferita» che sanguina nel nostro cuore, ma «si rimarginerà presto» (58,8). È il desiderio di amare, donare e servire che Dio ha scritto dentro di noi, creandoci a sua immagine e somiglianza.


Commenti

Anonimo ha detto…
Dammi tempo per amare

O mio Signore,
proteggimi mentre inizia
questo nuovo giorno.
Aiutami a far tesoro
delle occasioni che mi dai
senza bloccarmi nel mio passato
e senza angustiarmi troppo
per il mio futuro.
Il tempo passato appartiene a me:
ma ora è tuo,
appartiene alla tua misericordia.
Anche il futuro appartiene a te:
sarà mio se saprò vivere il mio presente.
Guida, o Signore, la mia giornata,
il mio cammino, ogni mio passo,
ogni mio gesto.
Ti chiedo, Signore, di starmi
vicino.
E ti dico grazie per questo nuovo
giorno di vita:
un giorno che non ritornerà
mai più.
Dammi tempo, Signore,
per riflettere e pregare,
per ascoltare e perdonare,
per dare e ricevere,
per ricordare e sognare.
Soprattutto, o mio Gesù,
dammi tempo per amare.
Amen