Lunedì della II settimana - Tempo di Quaresima

Letture: Dn 9,4-10 / Sal 78 / Lc 6,36-38


SENZA VERGOGNA



È sempre un riconoscimento amaro e arduo, quello del peccato che abbiamo commesso. Non tanto perché di peccato oggi nessuno più parla e può parlare. Non solo perché una confessione sincera  implica una disaffezione alle abitudini contratte e una disponibilità a cambiare, come ci fa pregare la colletta di oggi: «O Dio, fa' che ci asteniamo da ogni peccato per aver la forza di osservare i tuoi comandamenti». La ragione ultima della nostra mai esausta reticenza a mettere a nudo la nostra storia, se non dentro un confessionale, almeno di fronte allo specchio della nostra coscienza è esattamente «la vergogna» che sentiamo «sul volto» (Dn 9,7).


Quando facciamo il male arriva presto o tardi il momento in cui cominciamo a gustarne le infelici conseguenze. Allora tutto comincia a ricordarci il cattivo uso che abbiamo fatto della nostra libertà, però noi voltiamo con disinvoltura le spalle, rifuggiamo il confronto. Siamo abili e allenati ad evitare tutto ciò che può ricondurci dentro la nostra coscienza. Ci tappiamo le orecchie, ci chiudiamo gli occhi, evitiamo la compagnia degli altri. Ma c'è qualcosa da cui non riusciamo assolutamente ad allontanarci, ed è la vergogna che ci sentiamo addosso, la triste figura del nostro volto che si sente in esilio da ogni sguardo e da ogni luogo.


Questo imbarazzo che ci avvolge come una pellicola è l'artificio discreto e infallibile con cui Dio ci conduce lentamente e inesorabilmente al desiderio di conversione. La vergogna sul volto è qualcosa che possiamo anche imparare a nascondere o a camuffare. Agli altri, ma non a noi stessi. Perché noi ogni giorno quel volto dobbiamo almeno guardarlo con un pizzico di sincerità, se non vogliamo rinunciare a vivere con onestà il tempo della nostra vita.


Il profeta Daniele decide di rinunciare a qualsiasi maschera quando il popolo è ormai vinto dai nemici, il tempio e la città distrutti. Allora si rende conto della sua colpa e prega il Signore confessando i propri peccati: «Abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli... A te conviene la giustizia, o Signore,  noi la vergogna sul volto» (Dn 9,5.7). Non è affatto necessario toccare il fondo per convertirsi, sebbene spesso le cose vanno proprio così. Solo quando non abbiamo più alcun appiglio, accettiamo di piegare le ginocchia e invocare clemenza.


Il Signore, che non vuole mai umiliarci, risponde prontamente alla nostra preghiera. Tuttavia non ci dà esattamente quanto gli chiediamo, ma ci invita a diventare quello che ci manca. Volete misericordia? «Siate misericordiosi» (Lc 6,36), dice il Signore Gesù nel Vangelo! Il Maestro buono ed esigente ci chiede di donare proprio ciò che noi riconosciamo di non essere e di non avere, perché questa è la dinamica della fede, che ci fa ricevere come dono gratuito quello che il nostro desiderio cerca e attende.


In questo modo il Signore ci toglie la vergogna dal viso, spogliandosi della toga e lasciando a noi la formulazione del giudizio: «Con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,38). Così, se rinunciamo a giudicare e a condannare, rinunciamo anche alla nostra vergogna.

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