III Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Letture: Is 8,23-9,3 / Sal 26 / Mt 4,12-23



DOMENICA DELLA MEMORIA



PERIFERIE

Quando viene a sapere «che Giovanni era stato arrestato» Gesù si ritira «nella Galilea» (Mt 4,12). Il Signore non cerca lo scontro, desidera fare il bene, aiutare l'uomo nel suo difficile cammino di vita. Non è frutto codardia, ma di apprezzabile prudenza la scelta che il Maestro compie. Anzi, rivela un certo coraggio, perché Gesù decide di stabilirsi «nel territorio di Zàbulon e di Nèftali» (4,13), una regione di confine definita, con un certo spregio, «Galilea della genti» (4,15).


Questa parte del regno di Israele era diventata dopo l'invasione degli Assiri un crocevia di culture, tradizioni religiose, lingue e razze, un mondo complesso simile alle periferie delle nostre città. O, più semplicemente, simile a questo mondo nel quale viviamo che talvolta appare come un intreccio caotico di persone che faticano a trovare punti di riferimento condivisi e a costruire la cultura per una nuova civiltà.


Ebbene, qui, proprio qui, inizia l'annuncio del Vangelo! Dio ci viene a cercare nelle nostre periferie, non dove siamo già belli, giusti e splendenti. Perché?


ACCORGERSI

Perché ha bisogno che ci convertiamo e ci accorgiamo di una cosa bellissima e difficile da accogliere: «Il regno dei cieli è vicino» (4,17). Non è molto originale Gesù nella sua predicazione, ripete la parola dei profeti, chiede la conversione. Ma sulle sue labbra questa parola assume un significato nuovo. Salvezza e conversione si sono invertite di posto. Non c'è più prima la conversione e poi la salvezza; ma prima la salvezza, cioè il dono gratuito di Dio, e poi come conseguenza la conversione. Ecco perché Gesù comincia a predicare nelle periferie, affinché ci accorgiamo che Dio non ha aspettato che diventassimo giusti per darci la salvezza, ma è venuta ad offrircela gratuitamente.

CREDERE E NON CREDERE

Questa vicinanza di Dio e del suo regno nella persona di Gesù non è un concetto da capire, ma una proposta da credere. L'esempio dei primi discepoli è una splendida testimonianza che ci dice come la fede non sia una posizione astratta, ma un coinvolgimento esistenziale. I discepoli credono, danno fiducia alla parola del Vangelo e non considerano più essenziali gli affetti e il lavoro, le due cose a cui siamo sempre troppo attaccati. Se Dio si è avvicinato, è lui il nuovo centro attorno a cui costruire tutta la vita.


Ma non si crede mai una volta per tutte. La fede è una libera scelta che ricomincia ogni giorno, attraverso la preghiera, lo studio, la riflessione, le scelte che assumiamo di fronte alla vita. Possiamo essere trasparenza di Dio oppure occultare il suo amore. Questo pericolo fu già il rischio delle prime comunità cristiane, come quella di Corinto che viveva numerose «divisioni» (1Cor 1,10) al suo interno. San Paolo la ammonisce: attenzione così facendo rendete «vana la croce di Cristo» (1,17).


Purtroppo la storia ci testimonia molti altri momenti in cui i cristiani non solo non hanno saputo essere trasparenza dell'amore di Dio, ma addirittura hanno capovolto il Vangelo della vita costruendo una folle cultura di morte e di odio verso i fratelli.


Oggi la nostra repubblica ricorda la tragedia della Shoah (lo sterminio del popolo ebraico) attraverso il 'Giorno delle memoria'. Il 27 gennaio 1948 l'armata rossa sovietica abbatteva i cancelli di Auschwitz e scopriva la tragedia dell'olocausto. 


Vogliamo mettere accanto a questa memoria, il memoriale del Vangelo e dell'Eucaristia, la speranza che, nonostante le gravissime smentite che la storia registra, il regno dei cieli si è davvero avvicinato per sempre a noi, perché Dio ha deciso di abbattere i confini che ci separavano da lui attraverso l'incarnazione del suo Figlio.


Grande è la responsabilità di credere che sia possibile accogliere questo Regno e costruirlo, affinché il mondo diventi una vera fraternità nella pace di tutti e nel rispetto di ciascuno.


Commenti

Anonimo ha detto…
La scelta di Gesù di trasferirsi in Galilea, non è stata occasionale ma voluta, dettata dalla logica divina che dall'alto scende verso il basso, penetra nei bassifondi, parte dai piccoli inferni che gli uomini con estrema facilità, costruiscono in questa misera "valle di lacrime".
Gesù parte proprio dalla Galilea,
dalle tante Galilee, dalla piccola Galilea che c'è in noi e che c'è in me.
Dove c'è tenebra là Gesù si trasferisce, dove c'è miseria, qualsiasi miseria, là il Dio liberatore pone la sua tenda.
Gesù ci dice:
"Convertitevi, perchè il regno dei cieli è vicino".
I cambiamenti non avvengono con il tocco di una bacchetta magica, ma richiedono una decisione personale.
Le mie tenebre si trasformano in luce quando esco da me stesso,
l'alba sorge quando decido di mettermi in viaggio.
Per trasformare la Galilea devo cambiare il mio cuore.
Devo percorrere la "via del mare",
devo lasciarmi avvolgere dal soffio del vento che solleva la polvere del mio deserto interiore.
Nella lieve brezza del mattino riconosco la presenza di Dio, la voce dell'infinito che con struggente insistenza continua a dirmi: "Convertiti, perchè il regno dei cieli e vicino.
Anonimo ha detto…
Dici molte cose in questo post...

Il contatto umano non e` astratto: la persona con cui sto parlando e` una persona concreta, e` un universo che conosco solo in minima parte, non posso ignorare questo fatto... e` come parlare con Gesu`, e` un mistero: si` non c'e` nulla da capire, lo dobbiamo seguire in questo e basta.

P.es.: fra Roberto: io t'ho incontrato una sola volta, ma cosa c'e` dentro di te, nel tuo cuore, nella tua mente? mistero :-))))