III Domenica di Avvento – Anno A

Letture: Is 35,1-6a.8a.10 / Sal 145 / Gc 5,7-10 / Mt 11,2-11


SORPRESA



È un'arte difficile attendere il Signore. Quasi una missione impossibile in questo Avvento così poco cristiano, dentro una società che ha talmente frainteso il rispetto e la libertà al punto da vietare ad un bimbo di disegnare su un foglio di carta la Buona Notizia dell'incarnazione. E poi ci si mette pure la liturgia a complicare le cose, invitando la comunità cristiana a fare i conti con la voce incantata del profeta Isaia, che solleva l'annuncio di un'immensa gioia, una grande trasformazione di tutte le cose, che la realtà però non sembra affatto confermare. 



Gioia?

«Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fioirisca la steppa», «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi [...] Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa» (Is 35,1.4.8). Ma dove? Ma quando? Siamo sinceri: ci manca la forza interiore per credere a queste parole. Troppe volte abbiamo visto la storia smentire queste promesse di felicità, di giustizia, di pace. La vita rimane a lungo un deserto, i furbi continuano a non conoscere la vendetta di Dio, la paura torna a bussare ogni giorno alla nostra porta...



Ma il profeta, per quanto entusiasta, è onesto: annuncia una trasformazione e la comparsa di una strada, non la ri-soluzione immediata di tutti i problemi dell'umanità. Dice che «si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi» (35,5), ma non ci spiega come ciò avverrà. Afferma che ci sarà una «via santa» (35,8), ma nulla riguardo al luogo preciso a cui essa conduce. Allora dobbiamo scoprire il modo Dio sta trasformando la realtà e quale «sentiero» (5,8) i nostri occhi devono imparare a riconoscere e i nostri piedi a percorrere.



Anche per Giovanni Battista è stato fondamentale questo passaggio di umiltà, per rimanere discepolo di Cristo e cercatore di Dio. Mentre si trovava «in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: Sei tu che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,2).



Sei davvero Tu?

Grazie Giovanni, discepolo sincero e libero, che tiri fuori dal nostro petto quelle parole che una patinata devozione ci impedisce talvolta di gridare! Grazie, profeta di fuoco che ci fai scoprire che forse anche la nostra vita conosce un «carcere» invisibile che la separa da tutte quelle promesse e quei desideri che non si sono verificati e non sappiamo come se e quando si verificheranno.



Ogni vero cristiano attraversa una lunga notte nel corso della sua vita. Momenti in cui ci viene da pensare che forse la salvezza è qualcosa o qualcuno che non abbiamo ancore incontrato. In questi interminabili momenti ci chiediamo: Mi sarò forse sbagliato? Avrò riposto bene la mia fede? Avrò fatto le scelte giuste? E cerchiamo qualche direzione in cui poter fuggire dal peso di una vita che sembra non appartenerci più.


Il Maestro risponde con scomode, bellissime parole: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (11,4-6). Gesù è diverso da come Giovanni se lo immaginava. È la tenerezza di Dio, anziché il furore della sua giustizia. Tanti segni lo confermano: segni di vita, di perdono, di amicizia, di gioia.


Il Signore è diverso da come noi – sempre – lo pensiamo e lo vorremmo. Non esaudisce tutti i nostri desideri, però pone tanti segni della sua vita attorno a noi. L'Avvento è il tempo in cui siamo invitati a sopravvivere con gli occhi, illuminandoli con la Parola di Dio che li rende capaci di leggere i segni del Vangelo nella realtà. L'Avvento è guarigione degli occhi e quindi del cuore, perché in fondo è col cuore che noi leggiamo sempre la realtà. E il cuore guarisce nella misura in cui impara ad attendere «con costanza», per un semplice motivo: «perché la venuta del Signore è vicina» (Gc 5,8).


Attenzione, però: l'attesa paziente non è rassegnato disimpegno, ma un modo appassionato di vivere il tempo con «sopportazione» (5,10) senza lamentarsi e senza giudicare i «fratelli», sapendo che «il giudice è alle porte» (5,9).


Infatti Gesù precisa: guardate che Giovanni non era «una canna sbattuta dal vento» (Mt 11,7), ma una quercia con un fittone ben piantato a terra; era tutto desiderio. Però l'irruzione del regno è una cosa talmente diversa dalle aspettative umane che anch'egli, ad un certo punto, si è sentito perso e confuso.


Ma se il più grande dei profeti è stato spiazzato, non sarà che forse la nostra attesa è una specie di pisolino tra fasulle sicurezze? Non sarà che abbiamo smesso di farci provocare dalla spada della Parola? La fede nel Dio di Gesù non è un mai 2 + 2 = 4, ma semmai un 5 + 2 = 5000 (cf Gv6,1-15!). La fede è un percorso dove si cammina attraverso segni. Per camminare verso la sorpresa del Natale, ci vuole un cuore largo capace di pazienza e occhi profondi disposti a vedere dentro le cose.


Vedere e credere

Proviamo a vedere meglio la realtà in cui siamo immersi, forse ci sono tanti segni che non riusciamo più a scorgere! Proviamo a dire grazie per quello che abbiamo: il caffè alla mattina, il lavoro, un letto per dormire quando scende la notte, la famiglia, gli amici, il sole che a volte sorride sopra di noi. Proviamo a riprendere in mano i nostri desideri, senza paura, con passione, con più pazienza e umiltà. 


E, soprattutto, lasciamo che Dio guarisca e corregga i nostri desideri. Un desiderio guarito è un desiderio che accetta di essere spogliato dalla storia con i suoi imprevedibili sentieri. È un desiderio povero, che rinuncia a se stesso, pur di non rinunciare a desiderare. È un desiderio libero, salvato da se stesso. Senza pretese, senza rigide aspettative. 


Allora, magari, Natale sarà ancora una sorpresa!

Forse cruda e disincantata, come è spesso la vita.

Bellissima però, come un sogno che si realizza.

Il sogno di Dio.



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