Feria del 19 dicembre – Tempo di Avvento

Letture: Gdc 13,2-7.24-25 / Sal 70 / Lc 1,5-25

 

MASCHILE INCREDULITÀ



Elisabetta e Zaccaria erano «giusti davanti a Dio» (Lc 1,6), eppure «non avevano figli» (1,7). Perché? Cosa significa questo legame non garantito tra osservanza religiosa e fecondità? In questo tempo di attesa e di intensa preparazione del Natale, siamo ricondotti alla radice della nostra salvezza, che è avvolta da un'immensa grazia, ma anche da un grande mistero. L'esperienza di questa coppia sterile, che nella Bibbia conosce numerosi precedenti, ci ricorda che il frutto della vita è un dono gratuito di Dio, e non può mai essere il risultato del nostro impegno o, peggio ancora, della nostra pianificazione.



In un certo senso questo significa che ogni nostro gesto di fedeltà a Dio e alle sue leggi è come destinato ad entrare nel vuoto di una certa sterilità prima o poi, una specie di capolinea dove abbiamo la sensazione di aver fallito qualcosa. 



Non è forse quello che come cristiani stiamo vivendo in questi tempi difficili, dentro una società che sembra non aver più bisogno di alcun Dio e di alcun Vangelo? Perché continuiamo a partorire figli che non praticano più quella fede che ci è stata trasmessa? Perché questa diffusa e preoccupante sterilità di fede nelle nostre famiglie, cristiane e praticanti?



Forse ci stiamo accorgendo che, presi da tante buone intenzioni, abbiamo smesso di coltivare la nostra fede. Sono rimaste tante belle cose, dal sapore e dal profilo molto cattolico: la Messa, la confessione, le preghiera, qualche gesto di carità. Eppure, l’amore per Cristo e la passione per il Vangelo, non possono ridursi alla liturgia e alle pratiche di pietà. Hanno bisogno di occhi, voce, cuore. Forse anche noi, come Zaccaria, vogliamo molto bene a Dio e siamo radicati nell’esperienza della Chiesa, però abbiamo smesso di credere che la sua potenza possa ancora operare impossibili doni nella nostra vita: «Come posso conoscere questo?» (1,18).



Quando il Signore si accorge che il nostro cuore è troppo pieno di preoccupazioni e manca di fede, non esita a dircelo e a regalarci un po’ di silenzio forzate per riflettere e meditare: «Ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo» (1,20).



Se da un punto di vista semplicemente umano questo discorso può apparire addirittura insensato, dentro una prospettiva di fede acquista una bellissima valenza. Dio non ha altra via per poterci offrire il suo dono se non quella di svuotarci di qualsiasi attesa ci siamo creati, di qualsiasi merito abbiamo accumulato con i nostri sforzi e il nostro impegno.



Dio ha bisogno che una certa parte maschile e attiva di noi arrivi a comprendere che la fede e la fecondità sono doni impossibili all’uomo, perché non possono essere prodotti ma solo ricevuti. La liturgia di oggi ci aiuta a valorizzare i momenti in cui anche noi, dopo aver detto e fatto tante cose, rimaniamo senza parole. Muti, come il buon Zaccaria. In questo silenzio possiamo continuare ad attendere quel di più che solo Dio può e vuole aggiungere alla nostra vita.


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