Mercoledì - XXXI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 13,8-10 / Sal 111 / Lc 14,25-33

I COSTI DELL’AMORE



«Molta gente» (Lc 14,25) cerca la felicità. Lo fa in diversi modi e in diversi luoghi. Per arrivare, prima o poi, a riconoscere che non c’è tesoro più grande «se non quello di un amore vicendevole» (Rm 13,8).


Ogni volta che la Scrittura ci riporta a questo «compimento» (13,10) della volontà di Dio proviamo un’imbarazzante liberazione interiore. Da un lato ci sentiamo sciolti da quelle mille obbligazioni che gravano sulla nostra coscienza, perché ci ricordiamo che – in fin dei conti – è una sola la cosa che dobbiamo assicurare alla fitta trama di relazioni che stiamo vivendo. Dall’altro veniamo avvolti da un sottile impaccio, quando realizziamo che la pratica dell’amore non è poi così ovvia e intuitiva, perché per un cristiano amare significa concretamente seguire il Signore Gesù; «essere» suo «discepolo» (Lc 14,26.27.33).


L’amore è la nostra grande libertà, ma conosce molti doveri e molti costi. Il Maestro Gesù ci invita oggi a sederci per valutarli con l’intelligenza e con il cuore: «Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?» (14,28-29).


L’amore prevede una «spesa», dal momento che è un’opera grande e complessa, da «costruire» giorno per giorno, facendo attenzione tanto al progetto, quanto ai dettagli.


Ma l’amore è anche una gloriosa battaglia, nella quale ciascuno di noi è chiamato a mettere da parte «la propria vita» (Lc 14,26) e, addirittura, «tutti i suoi averi» (Lc 14,33): «Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?» (14,31).


Non si improvvisa l’amore, perché il suo compimento ci chiede una capacità di donare tutto noi stessi senza attendere il contraccambio, restando pienamente liberi all’interno di quei legami che fondano e costruiscono la famiglia umana: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (14,26).


Dice san Paolo che «chi ama il suo simile ha adempiuto la Legge» (Rm 13,8). Non è forse il fallimento di questo obiettivo quella «croce» quotidiana che siamo chiamati ad assumere e a portare «dietro» (Lc 14,27) il Signore Gesù? Non è forse l’incapacità di riassumere tutto il nostro «debito» (Rm 13,8) nell’amore la strada da accorciare, in questo nuovo giorno che Dio ci dona?


Commenti

Anonimo ha detto…
Ogni volta che mi accingo a un progetto, mi soffermo a valutare preventivamente ciò che comporterà: non tanto in termini di rischio e di costi (passività), ma di RISORSE su cui ritengo di poter contare perchè tutto vada a buon fine.
Quale equipaggiamento per concretizzare il (folle) desiderio di essere discepoli di Gesù, nel "pieno compimento della legge che è l'amore" (Rm 13,10), previa "rinuncia alla propria stessa vita" (Rm 13,10)?
Mi ha offerto una splendida consolante risposta la preghiera odierna della Colletta, che trascrivo a beneficio di quanti non l'hanno potuta ascoltare:

Signore,
donaci di trarre dal nostro TESORO,
che è il Vangelo del tuo Figlio,
cose antiche e nuove,
per essere sempre fedeli alla tua verità (ndr: che è l'amore)
e camminare in novità di vita
nel tuo Spirito.

E così sia per tutti noi.
Chiara2