Giovedì - XXXI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 14,7-13 / Sal 26 / Lc 15,1-10

LE CONSEGUENZE DELL’AMORE



Come l’amore conosce dei costi, così implica alcune inevitabili conseguenze. San Paolo, in un capitolo dedicato «all’edificazione vicendevole» (Rm 14,19) trae le conclusioni dal fatto che Dio ha manifestato il suo «più» (Gv 15,13; Lc 15,7) grande amore per ogni uomo: «Cessiamo dunque dal giudicarci gli uni gli altri; pensate invece a non essere causa di inciampo o di scandalo al fratello» (Rm 14,13). Ribadisce e approfondisce la motivazione per cui questo deve essere un imperativo all’interno della comunità dei credenti: «Nessuno di noi infatti vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore» (Rm 14,7-8).


Quando veniamo accolti e amati per ciò che siamo, avviene un miracolo perché cominciamo a vivere liberi da noi stessi. Tutto il peso del nostro passato e del nostro presente, diventano un «giogo dolce» e un «carico leggero» (Mt 11,30) perché non siamo più soli a portarlo. Questa grazia si traduce all’esterno in una maggior benevolenza verso gli altri e in una più pronta disponibilità al perdono.


Quanto è difficile, però, prolungare nel quotidiano la grazia di questi momenti nei quali sperimentiamo l’amore grande di Dio per noi. Velocemente ricadiamo nell’atteggiamento dei «farisei» e degli «scribi», i quali «mormoravano» vedendo «i peccatori» vicini al Signore Gesù «per ascoltarlo» (Lc 15,1-2).


Attraverso due parabole, il Maestro cerca di raggiungerci nella nostra incapacità di restare orientati al suo infinito amore, lasciando che nel nostro cuore risuonino alcune domande: «Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello?» (Rm 14,10).


In entrambe le parabole viene sottolineata una mancanza: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una...», «O quale donna, se ha dieci dracme e ne perde una...» (Lc 15,4.8), la quale, come una ferita dolorosa e struggente, fa nascere in Dio l’intenzione della misericordia che rinuncia a giudicare. Quando si ama davvero qualcuno non si cerca più di possedere la propria vita, ma si mette il bisogno dell’altro davanti ai propri desideri. «Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita» (Rm 14,9): per cercare e trovare di nuovo la nostra vita «che era perduta» (Lc 15,6), e rappresentava una «gioia» in meno «in cielo» (15,7).


Certo, molte volte riusciamo a velare quel sottile giudizio e quel disprezzo che abbiamo verso i fratelli. Camuffiamo lo «scandalo» (Rm 14,13) presente nel nostro cuore e ci manifestiamo «giusti» (Lc 15,7), almeno davanti agli occhi degli altri.


L’amore però è un’altra cosa.

Le sue conseguenze una «gioia» (15,7.10) che ancora ci manca!


Commenti

Anonimo ha detto…
Sconvolgente sempre quello che il Signore ci vuole dire, aiutandoci a vivere.
L'apparire "giusti" agli occhi dei fratelli penso sia la più ardua impresa che io faccio ogni giorno, pur sapendo che forse dentro al mio cuore esistono anche altri sentimenti magari non molto "buoni"..
Mi lascerò guidare dalla bontà e dalla misericordia di Dio per cercare di AMARE veramente.. perchè forse, non lo sto facendo ancora.
Anche se questo fa molto male al mio cuore..
Jessica