Martedì - XXIX settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 5,12.15.17-19.20-21 / Sal 39 / Lc 12,35-38

ANCORA SVEGLI?


La riflessione di Paolo ci costringe a riconoscere con attenzione una verità non sempre evidente: siamo solidali, gli uni con gli altri. Soprattutto nel male: «A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5,12).


Ci secca terribilmente, ma le cose stanno così. Arriva per tutti il momento in cui siamo costretti a rilevare una personale solidarietà con ciò che la Bibbia chiama il peccato di Adamo, la forma esemplare di ogni peccato che si consuma sotto il cielo e che si traduce in una rottura di rapporto con Dio, con il prossimo e con il creato.


Questa riconoscimento ci amareggia perché deturpa quei bei lineamenti che pensiamo di avere. E ci sentiamo quasi presi in giro da un Dio che ci ha immerso senza possibilità di scelta in una storia segnata dal male e dalla morte. Non riusciamo a capire perché dobbiamo sentirci colpevoli di un condizionamento così forte e radicale. Preferiamo allora chiudere gli occhi, convivere o ignorare il male che si scatena attorno a noi, l’ingiustizia e la menzogna che si insinuano nella trama di ogni giorno. Accarezziamo l’illusione di poterci considerare fuori da questo orribile mondo che sbaglia e fallisce, mettendoci – molto umilmente – tra i giusti e tra le persone amabili.


Il Signore Gesù ha fatto esattamente il contrario. Non tanto perché era buono; molto più semplicemente perché si è riempito gli occhi e il cuore della nostra sofferenza: «laddove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20).


È stato un tipo assai sveglio il Signore della vita; non ha indurito il cuore di fronte al terribile spettacolo della miseria umana. Ne è diventato solidale. Senza scuse né posticipi. Per questa sua estrema libertà, può invitarci a fare la medesima scelta, costosa e bellissima: tenere gli occhi aperti, rimanere «svegli» per essere infine «beati» (Lc 12,37) di quella trasformazione del reale che si compie soltanto attraverso l’amore e il sacrificio di sé: «per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita» (Rm 5,18).


Siamo chiamati dal Vangelo a questa personale responsabilità che ha enormi conseguenze su «tutti gli uomini» (Rm 5,18): rimanere «pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese» (Lc 12,35). Riconoscere gli altri come fratelli e, quindi, «servirli» (Lc 12,37), per diventare piccolo, umile, ma reale epicentro di risurrezione per noi e per «tutti» (Rm 5,12), partecipando alla solidarietà dell’amore più grande: «così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita» (Rm 5,18).


Ci va di non chiudere gli occhi?


Commenti

Anonimo ha detto…
...sarebbe facile rispondere alla tua domanda con un "certo che ci va!"... ma in realtà... quanto è difficile? Quanto è difficile farsi servitori di quelli che più sono lontani da Lui, e che quindi hanno più bisogno di Lui?
E' facile rendersi "servitori" in oratorio, tra amici, tra persone che la pensano come te... è molto, molto più difficile rendersi servitori di chi magari ha un disperato bisogno di Lui, ma vive lontanissimo da Lui, e forse aspetta solo che qualcuno vada ad annunciargli la Sua parola.

...hmm... ok, sono stato un po' confuso... spero si sia capito qualcosa!

Marco