Martedì - XXIII Tempo Ordinario

Letture: Col 2,6-15 / Sal 144 / Lc 6,12-19

BEN RADICATI


Ci manca la capacità di offrire, dicevamo ieri. Soprattutto il male e la sofferenza. Ci manca la capacità di camminare «ben radicati e fondati nel Signore Gesù Cristo» (Col 2,6-7). Il mestiere del discepolo è piuttosto impegnativo: occorre essere piedi che camminano veloci sopra la terra e, nel contempo, radice umile che si tuffa nelle profondità della terra. Che bizzarra alchimia di movimenti: andare in avanti e andare in giù!


Fin dai tempi di Gesù questa era la difficoltà principale per chi voleva essere suo fedele seguace. Certo, all’inizio camminare dietro a Gesù e radicarsi nella sua parola sono quasi la stessa cosa. «Nei giorni della sua vita terrena» (Eb 5,7), la sua bellissima persona attirava una «grande folla» e una «grande moltitudine» (Lc 6,17) di gente attorno a sé. Inoltre «da lui usciva una forza che sanava tutti», per questo «la folla cercava di toccarlo» (Lc 6,19). Quando però è venuto il momento della croce e si è manifestata la forza più grande di Gesù Cristo, il suo «potere di rimettere i peccati» (Mt 9,6), allora i discepoli sono scappati, e l’unica folla attorno a lui era quella dei soldati!


Non è affatto facile rimanere «ben radicati» (Col 2,7) nel Signore Gesù e nel suo esigente Vangelo di libertà. Nulla ce lo può garantire: né l’andare a Messa, né il recitare preghiere, né lo sbirciare la Parola di Dio e qualche meditazione attraverso Internet, né i gesti d’amore che abbiamo imparato a fare. Il nostro tentativo di rimanere cristiani deve affrontare quotidianamente una lotta contro «inganni» e «vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana» (Col 2,8). Non sappiamo a cosa si riferisca esattamente Paolo con queste parole, tuttavia possiamo comprenderne il significato generale. Quando la vita ci lascia delusi, soli e affaticati, si insinua facilmente in noi il sospetto che Cristo non sia esattamente la «pienezza» (Col 2,10) della gioia e della vita. Sono i momenti più delicati del nostro cammino di fede, quando il buon senso «con la sua filosofia» (Col 2,8) molto ragionevole può offuscare il nostro cammino di discepoli.


È molto importante in questi difficili passaggi, nutrire il nostro cuore di parole vere e certe, come quelle che Paolo scrive ai Colossesi, ricordando loro che il «battesimo» (Col 2,12) ha unito la nostra vita alla morte e alla risurrezione del Signore Gesù. Pertanto ormai apparteniamo indissolubilmente a Dio, mediante la «vera circoncisione di Cristo» (Col 2,11). La prova suprema di questa sua volontà l’abbiamo dalla «croce» (Col 2,14), dove la pazienza di Dio ha «tolto di mezzo» (Col 2,14) ogni menzogna che può rincorrerci gettando confusione e tristezza nel nostro cuore. Qualsiasi problema «le cui condizioni ci sono sfavorevoli», Cristo «le ha tolte di mezzo inchiodandole alla croce» (Col 2,14). Per cui anche quando ci sentiamo soli e abbattuti, vale la pena di ricordare che stiamo camminando dietro ad un meraviglioso «corteo» (Col 2,15), una trionfale processione, davanti alla quale sfila vittorioso il Signore Gesù, che ci «ha dato vita» (Col 2,13) con il suo infinito amore. È vero: poi nella vita rimangono tante cose amare e dolorose, che segnano ugualmente il nostro cammino e che è difficile ogni giorno accogliere e assumere. Però non è poca cosa ricordarci che, seppur stanchi e feriti, stiamo camminando dietro al Re vittorioso sul male e sulla morte. Non è una magra consolazione vedere da lontano le porte del regno dei cieli dischiuse davanti a noi!


Commenti

Anonimo ha detto…
Proprio ieri pensavo alla capacità di offire ad esempio alla capacità di offire ospitalità perchè, sebbene ad un perfetto estraneo, domenica scorsa l'ho negata e se in base alla ragione umana trovo giustificazione a ciò come cristiano mi sento a disagio perchè non riesco a concretizzare quanto "professo".

Mimmo