Mercoledì - XXIII Tempo Ordinario

Letture: Col 3,1-11 / Sal 144 / Lc 6,20-26



LA NOSTRA VITA

Se siamo «ben radicati e fondati» (Col 2,7) nel Signore Gesù possiamo vivere la sua stessa vita. Nel momento in cui le nostre radici cominciano ad essere profonde e robuste possiamo finalmente tendere verso l’alto, come fanno tutte le cose che nascono dalla terra: «Cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assisi alla destra di Dio» (Col 3,1).


Questo processo è banale, addirittura scontato in natura. Per noi invece è una coscienza da ritrovare continuamente, perché siamo così abituati a schivare il male e a non sporcarci l’abito che ci dimentichiamo il motivo principale per cui siamo stati chiamati all’esistenza: diventare grandi, nell’amore e nella verità.


San Paolo diventa piuttosto esplicito e concreto a questo proposito; suggerisce di riconsiderare la nostra «vita», per verificare se essa è conforme a «Cristo» (Col 3,4), il quale ormai «è tutto in tutti» (Col 3,11). Se siamo davvero liberi allora possiamo spogliarci «dell’uomo vecchio» (Col 3,9) e rinunciare a tutte quelle cose nelle quali la nostra vita «era immersa» (Col 3,7) prima di conoscere l’amore gratuito di Dio per noi.


Possiamo scegliere, come fa anche Dio. Il Signore Gesù nel Vangelo ci rivela la sua chiarissima preferenza e ci aiuta a capire che le conseguenze di un modo di vivere o di un altro non sono irrilevanti.


Siamo felici se non apparteniamo a nessuna delle cose che oggi incontreremo; potremo infatti aspettare come un dono «il regno di Dio» (Lc 6,20).


Siamo felici se le ingiustizie che vediamo in ufficio, in convento, per strada, alla televisione, nel volto dei fratelli che incontriamo ci toccano il cuore e accendono la «fame» (Lc 6,21) di un mondo più giusto e fraterno; sentiremo vicino a noi il Dio affamato di giustizia che si è fatto nostro fratello.


Siamo felici se oggi piangiamo col fratello che è nella sofferenza; domani rideremo insieme a lui.


Siamo felici se, ogni tanto andiamo incontro all’odio, all’insulto e non siamo accolti; la nostra vita comincia ad assomigliare a quella di Gesù.


Guai a noi se siamo «ricchi» e «sazi», il Signore povero non potrà essere la nostra ricchezza e la nostra «consolazione» (Lc 6,24-25).


Guai a noi se il dolore degli altri non interrompe più i nostri sorrisi; ci siamo chiusi in una sterile solitudine.


Guai a noi se siamo il «bene» (Lc 6,26) e la gioia di tutti attorno a noi; siamo diventati schiavi di tutti.


Questi possibili destini che stanno davanti alla nostra libertà sono un Vangelo, perché ci raccontano non tanto quello che dobbiamo fare, quanto quello che Dio fa, il suo modo di vivere e di amare. Se lo desideriamo questo stile povero e umile può essere la forma dei nostri giorni.


Da subito!


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