XIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Letture: 1Re 19,16.19-21 / Sal 15 / Gal 5,1.13-18 / Lc 9,51-62


DECISAMENTE LIBERI



Gesù appare molto deciso nel Vangelo di questa domenica. O più precisamente, si mostra «decisamente» (Lc 9,51) libero nel portare avanti senza tentennamenti la missione che ha ricevuto dal Padre.


Luca racconta che proprio «mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo» - non certo un gran momento per lui! – «egli si diresse decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9,51). Esattamente quando le cose si mettevano male e l’ostilità cresceva nei sui confronti, il Signore assume con estrema determinazione la scelta di rivelare a qualsiasi costo il volto misericordioso del Padre. Luca in greco scrive che Gesù «indurì il volto» per assumere con rocciosa determinazione la scelta di camminare fino a Gerusalemme, dove il rifiuto e il dissenso diventeranno passione cruenta.


Il Maestro è così sicuro di quello che sta facendo che si mette anche a divulgare questa sua decisione: «Mandò avanti dei messaggeri» (Lc 9,52). Purtroppo i samaritani non accolsero bene questa notizia, infatti come ricorda Giovanni nel suo Vangelo: «i Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani» (Gv 4,9).


Allora i due discepoli più agitati – i figli del tuono – si accendono come due cerini: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Gesù li sgrida, perché si stanno dimenticando che il tempo della «grazia» (Lc 4,19) è ormai giunto. Non bisogna più imitare i profeti antichi (cf 2Re 1,10), che potevano ancora permettersi di trascinare il cielo sulla terra. Ormai occorre annunciare e costruire il regno di Dio.


Gesù non non sta andando in guerra, come facciamo noi quando perdiamo la pazienza, ma ha deciso di portare a termine la sua ambasciata di pace! Il Maestro che seguiamo non è un guerrafondaio, ma il «principe della pace» (Is 9,5). La sua è una risolutezza umile, mite e tenace, mai arrogante, mai presuntuosa. Non gli servono discepoli fanatici e fondamentalisti, ma uomini colmi di speranza.


Coraggio dunque se qualche volta vediamo che i frutti non arrivano! Non perdiamoci d’animo se ci sembra di aver seminato invano! Stiamo attenti a non cadere nel fanatismo e nell’intolleranza, con la scusa di vivere, difendere e trasmettere i valori in cui crediamo. Coraggio genitori e nonni, se i vostri figli non vanno più in chiesa o hanno scelto di convivere! Animo educatori e insegnanti, se gli studenti sono superficiali e incostanti! Forza uomini se il mondo sembra aver smarrito la bussola! A Dio non servono fanatici e brontoloni, ma testimoni coraggiosi, decisi e pacificati, che siano disposti a pagare in prima persona per quello in cui credono senza giudicare né incenerire nessuno.


Cerchiamo semmai di riconoscere le nostre difficoltà ad essere decisi e liberi come Gesù; il Vangelo le elenca con straordinaria precisione.


Al «tale» che desidera seguirlo «dovunque» (Lc 9,57), Gesù risponde: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58). Siamo discepoli pusillanimi e dormiglioni, viviamo la nostra fede come una serie di formalità da sbrigare per sentirci a posto con la coscienza: la Messa, le preghiere, una vita morale che non faccia le cose brutte. Ma seguire Gesù – ci ricorda il Vangelo – significa amare e dare la vita, fino a perdersi per gli altri. Fino a non avere più un posto dove riposare! Lo desideriamo? Davvero?


Ad un altro che vorrebbe seppellire suo padre prima di dedicarsi al regno di Dio, Gesù dice: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio» (Lc 9,60). Il tempo per dare la vita è adesso, anche quando le cose vanno male. Soprattutto quando la realtà, come fu per Gesù, appare diversa dai nostri sogni o dai nostri desideri. Occuparci prima di altre cose – per quanto lodevoli e sante – potrebbe essere la scusa che accampiamo per non coinvolgerci ulteriormente nella folle proposta di Dio.


Infine, il Vangelo racconta del discepolo che vorrebbe seguire ma ha il torcicollo e non riesce a tenere lo sguardo fisso in avanti: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa» (Lc 9,61). Non avere la forze di mantenere una scelta, essere così fragili da avere ripensamenti pochi giorni dopo aver assunto un impegno per la vita è davvero un cancro diffuso oggi, soprattutto fra i giovani. Ed è una grande sconfitta, umana prima che religiosa.


Insomma, il Vangelo ci ricorda che dobbiamo convertire anzitutto noi stessi. Noi che crediamo di credere. Noi che ci illudiamo di essere discepoli di Gesù, mentre rimaniamo tranquilli nelle nostre certezze, immaturi nei nostri molteplici nascondigli, volubili nei nostri tanti sguardi altrove e non avanti, dove stanno le spalle del nostro coraggioso Maestro che cammina verso la Terra promessa.


Convertirsi significa indurire il volto, come ha fatto Gesù. Non il cuore, come facciamo sempre noi. Gesù è liberissimo dentro, mentre fuori indurisce il volto, fino a non ammettere altre scelte e altre decisioni al di fuori di quella di rivelare fino alla fine il volto del Padre. Noi possiamo imitarlo, perché egli ci ha chiamati a seguirlo e a imparare da lui. Dobbiamo solo essere disposti a passare dalla spiritualità delle «tane», dei «nidi» a quella di chi non sa «dove posare il capo» (Lc 9,58). Dobbiamo solo (!) ri-scoprire di essere figli amati infinitamente, anche nel peccato e nella debolezza, lasciandoci guidare interiormente dalla forza dello Spirito: «Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge» (Gal 5,18). Dobbiamo imparare a pregare, ad ascoltare le Scritture, fino a vivere un’esperienza simile a quella di Eliseo sui cui si posa «il mantello» (1Re 19,19) della profezia. Attraverso quel gesto Eliseo si sente scelto e amato; scopre di essere libero e così lascia tutto e si mette al «servizio» (1Re 19,21) di Dio e del suo amore.


Il nostro più profondo problema nel cammino di fede è infatti il non essere pienamente liberi di seguire il Signore Gesù, nel suo deciso e bellissimo itinerario di amore che si dona e si consuma. La vita cristiana non è una serie di rinunce a cui rimanere fedeli, ma una libertà in cui rimanere: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi» (Gal 5,1). La libertà di seguire Dio nella strada impegnativa dell’amore.


Il discepolo è qualcuno che rimane sulla strada.

Senza formalismi, senza nascondigli, senza scuse.

Disposto ad imparare e a seguire ogni giorno il suo Maestro.

Con la libertà nel cuore. Decisamente!



Commenti

Anonimo ha detto…
Le tue parole caro padre Roberto,come al solito colpiscono e aumenta il desiderio di seguire Gesù. Purtroppo la realtà che si vive fuori dall'ambito delle comunità religiose, in modo particolare per coloro che oltre a vivere una solitudine hanno il dramma di affrontare tanta sofferenza nel quotidiano, è molto diversa e tanto faticosa. Inoltre non sempre fra di noi credenti siamo in grado di farci compagnia e aiutarci a vivere. Tuttavia ciò che conta è che, anche la fatica di seguire Cristo non diventi un'obiezione ma il riconoscimento di una Presenza. Credo che il miracolo del cambiamento avviene solo se lo domandiamo tutti i giorni riconoscendoci bisognosi della sua presenza e avere la certezza che Cristo è più forte di quello che può attaccarci.
"Veni Sancte Spiritus. Veni per Mariam"
Anonimo ha detto…
Grazie fra Roberto per queste parole,sono per una risposta alle mie domande,un grande incoraggiamento...è difficile pratiare la "decisione"di Gesù e guardare avanti,che poi è un guardare oltre,in quell'oltre della Verità...devo lanciarmi tra le Sue braccia,è questa l'unica cosa da fare veramente...
teresa