Martedì - XI Tempo Ordinario

Letture: 2Cor 8,1-9 / Sal 145 / Mt 5,43-48


PERFETTI



La perfezione: nulla di meno! A questo bersaglio tendono tutte le parole che il Signore ci ha rivolto in questi ultimi giorni. Ci desidera perfetti colui che ci ha creato. Ci sogna capaci di un amore grande colui che ha intessuto le nostre «viscere» e ci conosce «fino in fondo» (Sal 138,13-14). Perfetti come lui. Non di più, non di meno: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48) dice il Maestro Gesù; «siate figli del Padre vostro celeste» (Mt 5,45).


Se da un lato ci lusinga ascoltare qualcuno che crede così tanto in noi da lanciarci simili inviti, dall’altro ci sentiamo enormemente lontani da queste altezze di vita e di amore. E di fatto, questa tensione non va sciolta né banalizzata: è lo spazio della fede, della ricerca, dell’impegno e della preghiera.


Ciò nonostante vale la pena di porgere l’orecchio con attenzione alle sfumature della Parola che oggi la Chiesa ascolta e che si fa pane nella celebrazione eucaristica. Nella prima lettura, san Paolo invita la chiesa di Corinto ad avanzare con coraggio verso la perfezione di vita: «distinguetevi anche in quest’opera» (2Cor 8,7). Quale opera? Nella «generosità» (2Cor 8,2). Si tratta di una questione molto pratica ed economica: la chiesa di Gerusalemme è piuttosto povera e ha bisogno di un sostegno. Paolo non esita a cercare questo aiuto presso le comunità che professano la fede in Cristo, affinché risulti evidente che non vi è che un’unica chiesa di Dio.


Questa concreta generosità è un sinonimo forse più accessibile di quella perfezione di cui parla il Signore Gesù. Inoltre è un atteggiamento che non nasce dalla ricchezza di cui siamo tutti un po’ sprovvisti, ma dalla nostra povertà. San Paolo cita ai corinzi l’esempio dei cristiani della Macedonia, non certo abbondanti nei beni e non certo privi di difficoltà da affrontare. Eppure «nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità» (2Cor 8,2).


Per essere generosi non ci serve qualcosa, ci basta la nostra povertà! Sembra incredibile ma ‘dare’ è quella cosa che sempre possiamo fare. Anche quando ci sembra di non avere nulla. Infatti, proprio allora, possiamo dare almeno un’ultima cosa: noi stessi.


Siamo sempre persuasi che ci manchi qualcosa per essere felici, bravi, santi. Invece non è quello che ci manca il problema, ma quello che abbiamo: la nostra ricchezza, le nostre sicurezze, le nostre comodità.


Ma ormai «conosciamo la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Dobbiamo solo avere il coraggio di imitarla! Del resto proprio questo chiediamo al Padre ogni volta che celebriamo la cena del Signore, durante la preghiera di consacrazione: «Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore...» (Preghiera Eucaristica II).


Perfetti, dunque! Non senza difetti, né arrabbiature. Ma sempre capaci di riaprire la mano e dare, senza opporsi al malvagio, senza dimenticarci che siamo figli di un Dio che non possiede nulla, e per questo sostiene tutte le cose senza dominarle.


Ci accorgiamo o no che è così? Lo vediamo o no il telegiornale? Dio «fa sorgere il suo sole su tutti sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45). Perché non facciamo altrettanto?


Non è un «comando», ma una verifica della «sincerità» del nostro «amore» a Cristo, attraverso uno sguardo sincero sulla qualità della nostra «premura verso gli altri» (2Cor 8,8). Un amore che è vero nella misura in cui accetta di essere povero e generoso.


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