Martedì - X Tempo Ordinario

Letture: 2Cor 1,18-24 / Sal 118 / Mt 5,13-16



Parole semplici, quelle che le Scritture oggi ci rivolgono. Parole chiare che possono orientare la nostra vita verso la sua verità, ungendo come un balsamo il nostro cuore sempre un po’ ferito e distratto.


San Paolo dice che in Gesù c’è stato il «sì» (2Cor 1,19). Affermazione banale, scontata, pacifica. Infatti la dimentichiamo ogni giorno, due secondi dopo esserci alzati dal letto. E non solo perché la nostra vita si riempie facilmente di compromessi, di mezze scelte, di incertezze e di errori. Soprattutto perché quando la nostra preghiera è superficiale, non possiamo che vivere una spiritualità dei ‘no’ e dei divieti. Facilmente la nostra vita cristiana tende ad assumere la forma di un impreciso ma denso elenco di cose che non possiamo fare e di cose che invece, spesso senza slancio, ci tocca compiere un po’ con le nostre solite, misere forze.


Il richiamo di san Paolo è davvero uno squillo di tromba. Gesù non ha passato la vita a schivare le cose brutte e gli accidenti, ma ha detto di ‘sì’: all’amore, all’amicizia, al perdono, alla misericordia, ai più piccoli, ai più deboli, alla creazione e al Creatore. Certo, ha dovuto dire anche molti no: all’ingiustizia, alla violenza, ai cattivi mezzi che nessun fine può giustificare, al potere, all’egoismo. Ma tutto ciò era solo il rovescio della medaglia!


Per noi spesso le cose vanno esattamente nella direzione opposta. Trascorriamo i nostri giorni cercando di non essere cattive persone, ma senza dire ‘sì’ a niente e a nessuno fino in fondo. La paura e le insicurezze che ci trasciniamo ci impediscono di mettere la nostra vita nelle mani degli altri e nel terreno ignoto della storia.


L’apostolo aggiunge poi un’altra cosa: «In realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute ‘sì’» (2Cor 1,20). L’amore del Signore, che si è compiuto nella Pasqua e si consegna a noi nel dono dell’eucaristia, getta una viva speranza sul nostro commino. Le nostre promesse, fragili, inconstanti e segnate da tanti fallimenti, «sono – già – diventate un sì» davanti al Padre, perché il Figlio garantisce per noi, con il suo cuore e il suo corpo. Non smette di riconoscerci suoi fratelli amati, davanti all’unico che potrebbe giudicarci peccatori e invece ci giustifica con la sua grazia.


Conclusione logica e bellissima: «Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro «amen» per la sua gloria». (2Cor 1,20).


Possiamo allora trasformare la nostra vita in un semplice, splendido ‘sì’. Possiamo smettere di lamentarci perché le cose non vanno e le promesse non si realizzano. Da quando scendiamo dal letto per vivere, fino a quando vi rientriamo per addormentarci nel Signore, la nostra vita – oggi – può avere un profumo diverso. Di vita.


Appena due lettere.

Soltanto una sillaba.

La possiamo pronunciare ogni giorno.

E la nostra vita sale al Padre. E diventiamo finalmente ciò che siamo.

«Sale» (Mt 5,13) che annuncia il sapore della storia.

«Luce» (Mt 5,14) che proclama umilmente la fine della notte, il giorno ormai vicino.


Commenti

Unknown ha detto…
Caro fra Roberto,
il tuo scritto di oggi mi ha fatto riflettere sul significato profondo di questa affermazione di cui Gesù ha reso piena testimonianza con la Sua vita.
Come vorremmo assomigliare a Lui nel mettere in pratica questo "sì" nel donare noi stessi ai fratelli e al Signore. Il più delle volte, tuttavia, rimaniamo bloccati e non riusciamo ad aprire il nostro cuore senza capire cosa ce lo impedisce.
Ci diamo tante giustificazioni, scuse e i nostri giorni trascorrono così senza dare il giusto senso alla nostra vita.
Ci rincuora sapere che Gesù garantisce per noi presso il Padre, ci ama e ci giustifica con la Sua grazia.
Tutto ciò, però, non deve essere una valida scusa per ottemperare alle nostre mancanze; al contrario deve essere lo stimolo per seguire la strada da Lui indicata e rendergli grazie per tutto ciò che Lui, per primo, fa per noi.

Giovanna
Anonimo ha detto…
Carissimo Roberto,
mi è capitato, talvolta, di essere attraversata da un pensiero: che essere cristiani (di Cristo) può essere o molto facile o molto difficile; ricordo di avere sempre accantonato a gran velocità questa supposizione: un po' per paura di banalizzare un dono tanto grande, un po' per come è facile sentirsi quotidianamente pressati a misurarsi e confrontarsi con cose
... a cui in realtà Dio non pensa affatto, e servono solo a instillare ansie e preoccupazione.
La tua riflessione sulla Parola mi riconduce a semplificare, a tornare all'essenziale. Al piacere di svegliarsi e di rimettersi in viaggio ogni giorno con il mezzo che ci è stato affidato: aprire la portiera, salutare Chi già ci aspetta con un sorriso di fiducia e dirGli: "Guida Tu!"
chiara 2