Venerdì della IV settimana di Pasqua

Letture: At 13,26-33 / Sal 2 / Gv 14,1-6

SOLO (!) LA STRADA


Le prime parole che il Signore Gesù ci rivolge oggi nel Vangelo sono tutte orientate a rassicurare l’eventuale turbamento che i suoi discorsi potrebbero aver suscitato in noi nei giorni scorsi: «Non sia turbato il vostro cuore» (Gv 14,1).

Infatti l’invito a riconoscere la presenza del Padre in lui è da una parte una splendida notizia, ma dall’altra uno scomodissimo appello a sviluppare senza infantilismi la nostra nuova condizione di figli. Diventare «luce» fino a dare la vita è un atto d’amore che ci trova sempre inadeguati, sprovvisti di sufficiente energia e gratuità.

Quando Dio ci chiede di buttarci e di affidarci, attraverso i fatti e le situazioni della vita quotidiana, siamo sempre afferrati da una pigrizia cosmica, involucro esteriore di una più profonda malattia chiamata egoismo. Veniamo colti dall’improvviso timore di andare incontro ad una tremenda fregatura se ci lasciamo coinvolgere ulteriormente nel movimento dell’amore.

Ecco allora la rassicurazione del Maestro acuto e intuitivo: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti... Io vado a prepararvi un posto» (Gv 14,2). Non vale la pena di fissarsi sulla destinazione dei nostri passi, assicurarsi un bel posto al cimitero, magari sotto l’ombra di un maestoso cipresso. Ciò che conta – sembra dire Gesù – è decidere come vivere, non dove andare a finire, perché in realtà la vita non ha una fine, ma solo un fine: andare «al Padre» per mezzo del Figlio (Gv 14,6).

Il Signore sposta l’attenzione dal desiderio di conoscere il «luogo» della vita, alla capacità di imboccare senza timore «la via» per giungervi (Gv 14,4). Ciò che conta è percorrere la strada, non avere rassicurazioni sul posto a cui la strada tende. Infatti questa ambita visione del come andranno a finire per noi le cose potrebbe diventare un pericoloso anestetico per la nostra libertà di amare.

Un discorso duro, difficile, che scatena una legittima obiezione: «Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5). Niente affatto stupida la perplessità del discepolo Tommaso! Come possiamo camminare senza conoscere con precisione la meta dei nostri passi e dei nostri sforzi? Non appare umano un cammino che ignora il luogo d’arrivo.

Ma proprio qui si spalanca «la buona novella» (At 13,32); risponde Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). La risurrezione di Cristo «dai morti» (At 13,30) ci annuncia una assoluta novità: esiste un modo di vivere e di morire che non può restare intrappolato da nessun sepolcro. Esiste una strada che è già vera e piena di vita senza che ci sia bisogno di conoscere esattamente dove conduce. Questa strada è l’unica che non toglie la vita, che non conosce la morte. È una «via nuova e vivente» (Eb 10,20), è la strada della croce, dell’amore che decide di non avere più misure. Attraverso questa strada si vive e si va verso il Padre, fonte di ogni bene e di ogni dono. Celebrare la Pasqua, nell’attesa del dono dello Spirito significa accontentarsi di questa Buona Notizia: c’è solo la strada, quella che noi possiamo percorrere, quella «promessa» (At 13,32) ai nostri padri. In questa strada tutti camminiamo come discepoli dietro all’unico «Maestro e Signore» (Gv 13,13).


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