V Domenica - Tempo di Quaresima – Anno C

Letture: Is 43,16-21 / Sal 125 / Fil 3,8-14 / Gv 8,1-11

NEANCHE DIO

Dio non vuole la nostra morte, ma la nostra vita nel bene e nella verità, perché è infinitamente misericordioso. Per questo quando pecchiamo egli non ci condanna, ma ci perdona. Dio è l’unico che potrebbe davvero giudicarci, ma non lo fa. Infatti nessuno può giudicare, se non chi riceve un’offesa. E questo per un motivo molto semplice: nessuno conosce l’intensità del dolore se non chi ha ricevuto l’offesa. Ora, quando noi pecchiamo, Dio soffre perché è nostro Padre. E un Padre sta terribilmente male nel vedere un figlio fare scelte sbagliate, che lo chiudono nella solitudine o lo consumano dietro a passioni inutili. Quando noi sbagliamo dunque Dio – e soltanto Dio – potrebbe giudicarci, perché conosce il peso del male che abbiamo fatto. Il Vangelo di oggi ci annuncia questa cosa bellissima e sconcertante: Dio rinuncia ad esercitare il suo legittimo diritto di giudizio, perché nel suo cuore prevale la misericordia e il desiderio di offrirci ancora il dono della vita. Dio non condanna a morte, ma ci restituisce continuamente alla vita. Dio fa esattamente il contrario di quello che noi facciamo tutti i giorni.

Una donna viene colta in «flagrante adulterio» (Gv 8,4) e viene posta davanti a Gesù, per vedere come questo strano Maestro se la cava di fronte ad un caso così difficile. Sceglierà di essere un maestro lassista e buonista (categoria di profeti che mai mancano nella storia, dominando la cultura e la politica) oppure Gesù sceglierà di essere un maestro rigorista, che si rimangia tutte le parole di amore e perdono che hanno incantato le folle? Gesù farà il mollaccione o il giustizialista che non guarda in faccia nessuno?

Né l’una, né l’altra cosa. Il Signore Gesù sta in silenzio e, «chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra» (Gv 8,6). Il gesto evoca il dono della legge, scritta col dito di Dio su tavole di pietra. Gesù con questo gesto silenzioso vuole provocare tutti a ritrovare il senso della legge. Perché Dio ha dato all’uomo la legge? Forse perché se non la osserva è autorizzato ad arrabbiarsi? Per poter essere libero di sfogare un po’ la sua aggressività repressa con gli uomini che peccano?Povero Dio, adulto e tenero che vede l’umanità ridotta ad una classe di adolescenti che si accusano l’un l’altro, perché non ha ancora capito che la Legge è stata data per la vita, non per la morte! Certo questa donna è peccatrice; ma chi non sbaglia? Se Dio dovesse giustiziare tutti quelli che peccano, chi si salverebbe? Dice un celebre salmo: «Se consideri le colpe, Signore, Signore chi potrà sussistere?» (Sal 129,3).

Ma gli uomini insistono. Non ce la facciamo proprio a credere ad un Dio che ci perdona. Preferiamo un Dio che a un certo punto si arrabbia, oppure ci lascia in pace e se ne va. Allora Gesù si alza e dice agli uomini inferociti: è vero, l’adulterio è un gesto grave, che spacca in due il cuore, che ferisce a morte la fiducia e la serenità di una persona. Ma chi tra voi è così coerente da poter giudicare chi è caduto in questa situazione? Chi può conoscere quanto dolore c’è in un uomo, in una donna che vive questa tragica rottura? Chi può sapere quante lacrime ci sono in una famiglia che si rompe e non riesce a rimanere unita? Solo Dio! Dio soltanto sa quanta sofferenza c’è in un uomo e in una donna che non hanno più la forza di credere nell’amore!

Gesù si abbassa di nuovo e col dito scrive per terra. Come per dire: Dio vi ha dato la legge per vivere, non per uccidervi a vicenda quando sbagliate. Recuperate nella legge il vero motivo per cui Dio l’ha data: la misericordia. Infatti durante l’Esodo il dono della legge, fu sin dal principio un per-dono, perché mentre Mosè era sul monte a ricevere le tavole della Legge, il popolo si fabbricava un vitello d’oro. Allora Mosè ruppe le tavole e Dio dovette offrire una seconda volta il dono della Legge e dell’alleanza.

La misericordia è la «cosa nuova» che Dio fa ogni momento e che fa nuova la nostra vita; «Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). Perché non ci accorgiamo che Dio ha misericordia di noi? Che la vita ci sta sempre davanti come un’occasione e noi siamo liberi di camminare verso i suoi spazi aperti? Nessuno ci può giudicare. Neanche Dio, perché ci ama. Tutto il resto, direbbe Paolo oggi, è «come spazzatura» (Fil 3,8) di fronte alla possibilità di essere «in Cristo», cioè dentro i recinti della «giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede» (Fil 3,9)! Se questo Vangelo riusci se ad entrare nel nostro cuore... nel cuore della Chiesa... che conforto per questo mondo! Quanta luce ci sarebbe per l’uomo contemporaneo che cerca di vivere in una società impazzita, che ama solo i giusti, i belli, i ricchi, i bravi e dimentica invece la verità della nostra fragilità umana!

Smettiamola dunque di giudicarci continuamente! Smettiamo di condannare noi stessi e anche gli altri! Deponiamo anche noi le pietre che teniamo in mano: non servono a nulla, se non a moltiplicare il dolore e la solitudine. Il perdono di Dio è gratuito e questo rivela quanto preziosi siamo ai suoi occhi! Oggi la nostra società consumistica ci valuta e ci misura continuamente per quello che abbiamo o siamo capaci di fare. Non è vero! Non siamo quello che abbiamo o non abbiamo. Non siamo quello che facciamo o quello che non riusciamo a fare. Siamo anzitutto persone, amate teneramente da Dio. Questa è la nostra felicità. Essere felici è scoprirsi amati gratuitamente, non per quello che si possiede o si fa, ma per ciò che si è. Siamo peccatori; Dio però ha misericordia di noi. Alziamoci, ricominciamo a vivere e a «non peccare più» (Gv 8,11).

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