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Venerdì – XXXII settimana del Tempo Ordinario
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Se il mestiere di Dio non è certamente facile, non da meno è quello del discepolo, quasi sempre lento a capire e costretto a porre domande di chiarimento. Dopo aver ascoltato il Maestro Gesù insegnare il modo della venuta del regno di Dio — senza clamore, ma pienamente riconoscibile — si solleva una nuova domanda
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?» (Lc 17,37)
Quasi presagendo questa assurda domanda, il Signore aveva provato ad anticiparla, spiegando che il regno di Dio viene improvvisamente e travolge come un fiume in piena coloro che non lo attendono. Gli esempi erano stati abbastanza limpidi: il diluvio universale (17,28) e la distruzione di Sodoma e Gomorra (17,29), per dire che è inutile cercare un riparo per schermarsi dalla prossima venuta del Signore della storia e di ogni storia.
«In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa,
non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro» (17,31)
Con queste parole Gesù non intende spaventarci — anche perché la venuta del giorno e del regno di Dio è per lui una bellissima realtà, non certo una sventura — quanto piuttosto criticare radicalmente un nostro modo di vivere tutto assorbito dalle cose e dalle situazioni di questo mondo fino a diventare vano, inutile, inadeguato a ciò a cui la nostra vita è destinata.
Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio,
e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è,
né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice (Sap 13,1)
È proprio così, oggi più che mai: ci lasciamo conquistare il cuore dai beni di questo mondo, dalle loro fattezze e dal loro lustro, fino a spendere molto — troppo — tempo per acquistarli, mantenerli, proteggerli. Ogni giorno, viviamo all’altezza di cose molto più piccole di quelle per cui siamo stati creati. Storditi e affascinati dalla cultura dell’intrattenimento e del gossip.
Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza
perché le cose viste sono belle (13,8)
È il modo più ordinario con cui tentiamo di salvarci «la vita» (Lc 17,33): passare il tempo ad assicurarci le cose che deliziano i nostri occhi e colmano i nostri appetiti. Ma la vita non si può salvare con le nostre mani. A nulla valgono i nostri sforzi di preservarla, garantirla, assicurarla contro traumi e infortuni. Così come un giorno ci è piombata addosso gratuitamente per iniziare a germogliare in questo mondo, così un altro giorno ritornerà nelle mani di Dio. La sola salvezza è smettere di chiederci «quando» e «dove» verrà il Signore col suo Regno e iniziare ad accogliere ogni giorno come l’occasione di attendere questa sua venuta. Solo così possiamo “mantenere viva” la nostra vita.
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