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Martedì – XXVI settimana del Tempo Ordinario
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Il profeta Zaccaria non si limita a restituire speranza a Israele, assicurando i favori e la presenza del Dio dell’alleanza nel tempo della ricostruzione. La sua voce arriva persino ad annunciare un tempo in cui Gerusalemme diventerà un punto di irresistibile attrazione per popoli numerosi e nazioni potenti, che muoveranno i loro passi per venire a supplicare il Signore.
«Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro:
“Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire”» (Zc 8,21)
Il segreto di un simile ottimismo è pienamente svelato dai sentimenti con cui il Signore Gesù riprende il suo cammino verso la città santa, consapevole di essere l’inviato del Padre per la sua definitiva restaurazione.
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in altro,
Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme
e mandò messaggeri davanti a sé (Lc 9,51-52)
La risoluzione ben ponderata e sicura di voler andare fino in fondo nell’annuncio del Regno — anche se questo comporta il rifiuto e la messa a morte — non sembra fornire al Maestro alcun diritto di dare per scontata né la comprensione né l’accettazione delle sue intenzioni. L’invio di messaggeri a preparare la sua strada mostra come sia ferma anche la decisione di voler rispettare la libertà degli altri, che potranno accoglierlo e rifiutarlo. Agli antipodi di questa sensibilità è invece la reazione di Giacomo e Giovanni, quando vengono a sapere che i Samaritani non sono disposti a stendere il tappeto rosso per far passare il Maestro nei loro territori.
«Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» (Lc 9,54)
Senza pensarci troppo, con una immediatezza che tradisce una mentalità consolidata, i due discepoli pensano di avere invece il diritto di poter annullare l’altro, ritenuto odioso e odiabile avversario. Naturalmente il Signore è di altro avviso e non accoglie una simile proposta. Egli è persuaso che il regno di Dio si possa e si debba accogliere liberamente e non per costrizione. Per questo, prende assoluta distanza da qualsiasi intransigenza che non sia quella verso la propria, personale paura di mettere la vita a servizio del vangelo. Quando le convinzioni sono profonde — quando intercettano il cuore e il pensiero di Dio — sono piene di pazienza, profumano di mitezza. E, al contempo, sanno esprimersi in atteggiamenti risoluti, come quello con cui Gesù reagisce alla brutta preghiera dei discepoli con estrema durezza.
«Si voltò e li rimproverò» (Lc 9,55)
Ogni volta che vogliamo servirci di Dio per mascherare le nostre durezze di cuore, con le quali mascheriamo la nostra incapacità di maturare decisioni umili e ferme, le nostre devote richieste non meritano altro che questo: essere misericordiosamente ignorate.
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