OLTREPASSARE

Martedì – XIV settimana del Tempo Ordinario

I sogni — dicevamo ieri — Dio li realizza sempre in forme, tempi e modi quasi sempre lontani dalle nostre aspettative. Questo non solo perché ama stupirci o perché le sue vie sono, per definizione, diverse dalle nostre vie. Ciò accade anche perché egli non può che compiere i sogni di noi e di tutti solo attraversando il mistero delle nostre libertà, che noi — ora distrattamente ora colpevolmente — dimentichiamo troppo spesso di considerare. 

Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora (Gen 32,25)

Dopo aver escogitato l’ennesimo stratagemma per schermarsi dalla collera del fratello Esaù, Giacobbe rimane solo a combattere con un personaggio misterioso che solo alla fine si rivelerà essere l’angelo del Signore. Il piano è intelligente: farsi precedere da un esercito di doni, per evitare di dover dialogare con il fratello dei torti subiti e inferti. Ciò nonostante Giacobbe non riesce a oltrepassare questa notte, prima di essersi scoperto prigioniero ferito di un passato non ancora superato, vittima di logiche segnate ancora dalla paura. 

Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore 
e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui (32,26)

Giacobbe si consuma in una lotta estenuante — dalla quale uscirà solo zoppicando — senza sapere che, nel frattempo, anche il fratello Esaù ha compiuto un suo cammino di purificazione e lo sta aspettando senza alcuno spirito di rivalsa dall’altra parte del fiume. Anche noi, spesso ignoriamo quanta riconciliazione sia possibile costruire ogni giorno, affidandoci alla forza della compassione, presente nel cuore di ogni persona. Siamo convinti che alcune situazioni siano impossibili da sciogliersi, risolversi, ricomporsi. Luoghi di morte su cui è ormai calato il silenzio della più profonda rassegnazione.  

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. 
E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare (Mt 9,32-33)

Chiudersi, cercando di oltrepassare le soglie della vita con le sole nostre forze non è poi così diverso dal rimanere muti, cioè convinti che sia meglio evitare di entrare in relazione con gli altri e, dunque, con noi stessi. Sono entrambe forme di sopravvivenza con cui ci ostiniamo a cercare di capire la realtà, anziché lasciarci benedire da essa e da Colui che sempre la orienta e la sostiene. 

Giacobbe allora chi chiese: «Svelami il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?».
E qui lo benedisse (Gen 32,30)

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