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Lunedì – XIII settimana del Tempo Ordinario
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Le Scritture di oggi raffigurano il volto di un Dio che talvolta appare duro ed esigente — per non dire spietato — nei nostri confronti. La lunga preghiera di intercessione con cui Abramo sembra placare l’ira del Signore, riconducendola a parametri di indulgenza, potrebbe persino lasciarci l’impressione che la misericordia sia un’attitudine più umana che divina.
Abramo gli si avvicinò e disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio?
Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere?» (Gen 18,23-24)
In realtà, leggendo più attentamente la parola di Dio scritta in parole umane, ci accorgiamo che le cose non stanno affatto in questi termini. Anzitutto, se Abramo si ritrova a pregare in favore di altri è perché il Signore ha voluto parteciparli le sue intenzioni. Che poi, a ben vedere, non sono (mai) progetti di morte, ma movimenti di compassione suscitati dal grido di sofferenza della nostra umanità, così facile a perdersi nelle latitudini della tristezza e del peccato.
Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.
Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me;
lo voglio sapere!» (18,20-21)
Il Dio che sembra (sempre) guardarci dall’alto al basso, per giudicare senza troppa accondiscendenza i nostri percorsi, è in realtà un Padre che non si stanca mai di ascoltare le nostra grida di dolore e di disagio. Per comprenderne le ragioni profonde e indicarci cammini di salvezza e di liberazione. Senza però cedere alla facile tentazione di omologare subito i nostri progetti, ancora così segnati da protagonismo e paura.
«Maestro ti seguirò dovunque tu vada [...]
Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,19.22)
No, all’altra riva non c’è né un Dio impassibile, né impossibile. C’è la voce buona e vera di chi, pazientemente, ci insegna che la nostra conversione al vangelo non può che ripartire sempre da quello che siamo e da ciò che la vita ci permette di essere quando il nostro cuore si lascia ammaestrare e condurre altrove.
Vedendo la folla attorno a sé. Gesù ordinò di passare all’altra riva (8,18)
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