Giovedì della VI settimana di Pasqua
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Le Scritture di oggi orientano la nostra riflessione sul significato del tempo, in particolare su quei momenti che, in prima battuta, ci sembrano inutili e insopportabili pause nello spartito della nostra vita.
«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete» (Gv 16,16)
Queste parole brevi, misteriose, che Gesù rivolge ai suoi nell’intimità dell’ultima cena consumata insieme, suscitano non poco stupore e perplessità. La spiegazione del Maestro non è chiarissima, ma molto intrigante.
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà.
Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (16,20)
Mentre noi siamo abituati a giudicare le cose che ci capitano guardandoci allo specchio, per verificare se il cambiamento in corso è da ascrivere alla colonna delle perdite o dei profitti, il Signore Gesù ci aiuta a comprendere che la realtà non va considerata soltanto in rapporto a noi stessi. Nessuna sofferenza è chiusa e autoreferenziale, soprattutto se accolta e vissuta come obbedienza al vangelo di Cristo. Inoltre, le parole del Maestro ci rivelano che quella quantità infinitesimale di vita che ai nostri occhi pare solo una pausa insignificante è la misura necessaria per consentire alle cose e agli avvenimenti di rivelarsi fino in fondo. Spesso nella vita è sufficiente attendere un po’ per vedere come tutto può e deve cambiare. Così è successo all’apostolo Paolo il quale, dopo aver collezionato una serie di porte in faccia, ha compreso che, proprio attraverso questo non previsto rifiuto, si stava rivelando qualcosa di nuovo: l’annuncio del vangelo si propagava nel cortile dei pagani, il regno di Dio usciva definitivamente dai recinti di Israele per diventare universale salvezza.
Ma poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse:
«Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente.
D’ora in poi me ne andrò dai pagani» (At 18,6).
Anche a noi, oggi, è annunciata la buona notizia che le pause, nella vita, sono assai preziose, più di tanti momenti programmati e, lungamente, bramati. I destini più belli a cui siamo chiamati non li scopriamo, infatti, quando si realizzano i nostri sogni — ancora così nostri — ma quando rimaniamo con disponibilità dentro quelle assurde e incomprensibili parentesi che il Signore dispone con sapienza nella trama dei nostri giorni. Quei momenti di buio, attesa e solitudine nei quali non sembra accadere nulla, mentre ci sta capitando di diventare amore.
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