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Ottava di Pasqua – Venerdì
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Cristo è risorto. La luce della sua Pasqua risplende nella Chiesa e rischiara tutta la storia umana. Eppure ci resta un cammino da compiere perché la nostra vita sia raggiunta e salvata da questa speranza. Un cammino ostacolato dalle nostre paure, dai tentativi di tornare indietro e ricominciare a fare affidamento su noi stessi. Come fa Pietro, raccogliendo subito consensi. Perché si sa, ieri come oggi, la depressione è infruttuosa ma molto contagiosa.
Disse loro Simon Pietro: «io vado a pescare».
Gli dissero: «Veniamo anche noi con te».
Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla (Gv 21,3-4)
Per fortuna più forte di ogni nostra rassegnazione è il desiderio che il Signore risorto ha di manifestarsi a noi, per trasformarci in persone adulte, cristiani maturi. Mentre si conclude la nottataccia dei discepoli, Gesù è già sulla riva e rivolge loro un’antipaticissima domanda a cui segue una seccata risposta
«Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No» (21,5)
Gesù insiste e dopo l’inopportuna domanda, ecco l’assurda proposta che i discepoli però ascoltano, forse colti da un presagio.
«Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete».
La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci (21,6)
Non basta la nostra buona volontà per farci rivivere dopo certi traumi. Non sono sufficienti gli slanci zoppicanti del nostro cuore a far risalire la nostra vita da certe invincibili paludi. La pace del cuore non arriva rincorrendo sempre nuove emozioni, cambiando pettinatura o facendo un giro all’Ikea. La vita si rinnova quando ascoltiamo la voce del Risorto e impariamo a usare bene le reti che Dio, da molto tempo, ci ha messo tra le mani. Quando gettiamo tutto: energie, speranze e desideri dalla parte del vangelo. Abbracciando la logica povera e umile della Pasqua, che ci insegna a confidare sull’unico nome di colui che ci può guidare a vita piena. Colui che — solo — è degno di fiducia, perché la sua vita l’ha svuotata per amore nostro. Pietro e i primi risorti in Cristo ne erano sicurissimi.
In nessun altro c’è salvezza;
non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini,
nel quale è stabilito che noi siamo salvati (At 4,12)
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