COME IL VENTO

Martedì – II settimana del Tempo di Pasqua

Dopo il gran giorno di Pasqua, è iniziata la notte dell’attesa, che vuole condurre noi credenti a desiderare e a ricevere il dono dall’alto, lo Spirito Santo promesso dal Signore Gesù, potenza d’amore che può — e vuole — fare nuove tutte le cose con la sua azione trasformante. La figura di Nicodèmo ci prende per mano, destando in noi lo stupore di fronte alla necessità di entrare in una vita completamente nuova.

Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto.
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va:
così è chiunque è nato dallo Spirito (Gv 3,7-8)

Nascere dallo Spirito, cioè vivere a partire dall’intima convinzione dell’amore di Dio per noi è il compito pasquale. Certo, appare cosa grande, da togliere il fiato: significa fondare scelte non più sulla paura di perdere, ma sul desiderio di donare e di spendersi. Soprattutto implica accettare la libertà dei figli di Dio come prima e ultima condizione di verità del nostro agire. Per entrare nel respiro di una vita davvero eterna, occorre infatti diventare come il vento, invisibile e invincibile potenza, di cui ignoriamo l’origine e la destinazione. Proprio come la nostra vita, mistero di cui non possiamo mai autonomamente disporre, avventura bisognosa della fede per essere generosamente interpretata.

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, 
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna (3,14-15)

Mentre il popolo di Israele nel deserto doveva solo guardare il serpente di rame fatto da Mosè per essere salvo, il popolo dei redenti da Cristo ha bisogno anche di credere all’infinito amore che la croce significa e comunica. Solo a partire da questa esperienza può fiorire ciò che accadde agli inizi della chiesa, quando la condivisione era la forma naturale del camminare e del vivere insieme. Un tempo di grazia nel quale provvedere ai bisogni degli altri era tanto naturale quanto manifestare i propri.

Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano,
portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli;
poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno (At 4,34-35)

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