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Mercoledì - XXV settimana del Tempo Ordinario
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Le indicazioni con cui il Signore Gesù trasforma i discepoli in apostoli, partecipando loro la forza e il potere del regno di Dio, sembrano finalizzate più a rimuovere ostacoli che non a precisare strategie e contenuti per una buona evangelizzazione.
«Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane,
né denaro, e non portatevi due tuniche (Lc 9,3).
Per poter scacciare demòni e guarire malattie i discepoli hanno bisogno di un’unica condizione favorevole: una completa libertà del cuore, visibile nella forma esteriore di una povertà che dice l’intensità e la qualità di un affidamento a Dio e alla sua provvidenza. Una specie di distacco dalle circostanze esteriori, che si manifesta proprio quando non si aprono le porte dell’ospitalità e dell’accoglienza.
Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città
e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro (9,5).
Né indignati, né rassegnati, gli apostoli sono chiamati a sperimentare la doppia gioia di non avere altro da donare se non se stessi e di essere così liberi da aspettative e ansie da prestazioni da poter annunciare in ogni situazione la buona notizia che l’amore di Dio non si lascia condizionare dai nostri umori.
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio,
ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni (9,6).
In altre parole — quelle dell’antica sapienza d’Israele — i discepoli devono imparare quanta verità e vita c’è nel non chiedere a Dio di avere tutto e subito, ma solo quel pezzo di pane che basta al giorno. Quella mezza misura che ci impedisce di diventare romantici mediocri e frustrati, ma appassionati protagonisti del quotidiano. Protesi a tutto, ma non subito.
Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia:
tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza,
ma fammi avere il mio pezzo di pane (Pr 30,7-8).
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