Martedì - XXXIII Tempo Ordinario

Letture: 2Mac 6,18-31 / Sal 3 / Lc 19,1-10


DIGNITà



Non so davvero come sarà ricordato questo momento della storia che ci è toccato in sorte di vivere. Accanto a meravigliose opportunità e stimolanti sfide, la nostra società ci sottopone senza dubbio ad una pessima dieta, costringendoci ad «aprire la bocca e ad ingoiare» (2Mac 6,18) pillole di volgarità e superficialità. Ne sono testimonianza il livello medio dei programmi televisivi e il tenore dei dibattiti che animano la vita civile del nostro paese.

Tutti ci rendiamo conto che, mentre cresce il livello della tecnologia, dell'organizzazione e del benessere, la qualità umana della vita tende a diminuire, toccando veri e propri abissi di disumanità. Non mi sembra eccessivo riscontrare una certa mancanza di dignità, come cittadini, come uomini, come cristiani.


Le Scritture di oggi ci aiutano a reagire a questo dilagante debito di umanità, attraverso l'esempio di due uomini che, in diverso modo, hanno saputo lasciare un «nobile esempio» (6,28) di vita «gloriosa» (6,19) e degna. 


Il primo si chiama Eleàzaro, e viene descritto dall'autore sacro come «uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona» (6,18). Alla nobiltà esteriore corrisponde una virtuosa interiorità, che spinge il pio israelita a non approfittare della «familiarità» (6,21) e della «amicizia» (6,22) con gli «incaricati dell'illecito banchetto sacrificale» (6,21) e quindi a decidere di non «fingere» (6,21) una apparente complicità con i culti pagani, per non correre «il pericolo» di scandalizzare «molti giovani» (6,24).


Eleàzaro decide di sacrificare la propria libertà – in virtù della quale potrebbe anche mangiare carne suina senza contaminarsi – pur di non gettare inutili pesi sulle spalle di chi ancora è debole, nella propria coscienza e nella coerenza di vita. C'è una dignità enorme in questo atteggiamento di fedeltà che arriva alla rinuncia di sé e della propria libertà.


Zaccheo invece la dignità l'ha perduta, perché ha frodato e ha cercato di innalzare la sua «piccola statura» (Lc 19,3) diventando ricco. Tuttavia quando intuisce il passaggio di Dio si mette in moto: «cercava di vedere quale fosse Gesù» (19,3). Non esita a correre, ad arrampicarsi, a cercare di vedere se esiste per lui una possibilità di riscatto. E infine la ritrova nel cuore del Figlio dell'uomo che «è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (19,10).


La dignità è una luce semplice ed essenziale, attraverso la quale comunichiamo agli altri perché e per chi stiamo vivendo. Talvolta, anche nelle difficoltà, abbiamo la grazia di saperla custodire. Altre volte invece la perdiamo e la dobbiamo ritrovare, mettendo da parte il pudore e lasciandoci raggiungere ancora una volta dallo sguardo misericordioso di Dio.


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