Dopo il family day oggi il calendario liturgico della Chiesa ci fa celebrare il ‘family God’. Potremmo definire così la festa della Santissima Trinità: la festa del Dio famiglia. Non si tratta di un astruso concetto teologico o di una ingenua forzatura matematica, che vuole sostenere l’impossibile equazione 3=1! Il dogma della Trinità è semplicemente quello che abbiamo capito quando la rivelazione di Dio si è compiuta definitivamente in Gesù Cristo.
Già nei tempi antichi le Scritture raccontavano di un Dio che «fin dal principio» (Pro 8,23) non amava stare da solo. Accanto a lui, agli «inizi della terra» (Pro 8,23), c’era la Sapienza, una presenza misteriosa ma talmente importante da apparire già come una persona. Dio non è dunque un essere statico, ma è scambio di vita fin dall’eternità. Solo nella pienezza dei tempi, quando Gesù di Nazaret è apparso nella storia, abbiamo però compreso totalmente il mistero di un Dio Padre che dona tutta la sua vita ad un Dio Figlio. È quanto Gesù stesso afferma nel Vangelo: «Tutto quello che il Padre possiede è mio» (Gv 16,15). Infine, dopo la sua morte, abbiamo scoperto una terza bellissima presenza di Dio nella nostra vita, quella di cui ci parla san Paolo: «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Il mistero della Trinità si è pienamente manifestato: Dio è anche Spirito che dentro di noi si manifesta come energia e desiderio di amore.
Dio è una famiglia, formata da tre persone, che però vanno così ‘d’amore e d’accordo’ da essere una cosa sola – una sola natura dice la teologia. Ecco perché l’unica creazione nella quale siamo immersi è una meravigliosa esplosione di bellezza e di diversità, perché proviene da questo Dio famiglia, traboccante di vita.
Creando l’uomo però il Dio famiglia ha accettato una libertà che non fosse obbligata a riconoscere il suo amore. La storia di Gesù e la nostra povera realtà quotidiana aggiungono una nota triste a questa storia di creazione nell’amore. Il nostro peccato è entrato come dolore nella famiglia di Dio: il Figlio è morto crocifisso mentre cercava di raccontarci il mistero di comunione da qui la nostra vita ha origine.
Dio non si è certo fermato davanti al nostro rifiuto. Il suo desiderio di farci partecipare alla sua immensa vita è troppo grande per arrestarsi ai piedi del nostro ‘no’! Dice Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera». (Gv 16,12-13). Con queste parole Gesù non ha voluto prometterci una specie di oracolo in grado di svelarci misteri o avvenimenti in anticipo, una sorta di tom-tom esistenziale per guidarci lontano dai pericoli. Il Maestro ha voluto dirci che il compito dello Spirito è quello di introdurci sempre di più nel grande amore che Dio ha per noi. È lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo a ricordarci in ogni momento che proveniamo da un Dio famiglia e a questo Dio stiamo tornando, con la nostra vita e la nostra morte.
Allora possiamo guardare con nuova speranza alla nostra vita, alle relazioni che stiamo vivendo, alla famiglia che ci siamo scelti o ci è capitata. Sebbene i nostri occhi possano scorgere molti problemi, difficoltà, fallimenti, la festa della Trinità ci esorta a non disperare ma a riprendere in mano i legami che abbiamo iniziato a costruire, perché ormai «noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 5,1).
Il Dio famiglia ferito per amore è con noi a sostenerci e a illuminarci, per farci diventare simili a lui, capaci di donare, ricevere e, infine, essere l’Amore che è la «verità tutta intera» (Gv 16,13) della vita del mondo.
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