Di errori ne facciamo tanti, ogni giorno. Molti ci vengono segnalati dai cristalli liquidi di un monitor se digitiamo i tasti sbagliati, più spesso ad avvisarci è il volto allarmato di qualche fratello che abbiamo offeso o trascurato. Alcuni errori siamo disposti a riconoscerli. Altri invece feriscono il nostro orgoglio a tal punto da renderci ciechi e insensibili.
Oggi le Scritture sante ci parlano di un «grande errore» (Mc 12,27), che affonda le radici in un modo equivoco di rapportarci a Dio. La nostra religiosità può appare a noi e anche agli altri molto pia e sincera, ma può essere ancora ignara delle «Scritture» e della «potenza di Dio» (Mc 12,24), come il maestro Gesù rimprovera ai «sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione» (Mc 12,18).
In un momento difficile della loro vita, Tobi e Sara presentano a Dio stupende preghiere, infarcite di riferimenti ai testi della Legge e dei Profeti, eppure entrambi arrivano a domandare al Signore l’eutanasia! «Per me è preferibile la morte alla vita» (Tb 3,6) esclama Tobi; mentre Sara sale nella «stanza del padre con l’intenzione di impiccarsi» e poi supplica il Signore affinché le «sia concesso di morire» (Tb 3,10).
La loro spiritualità sembra essere chiusa in una logica piuttosto eroica ma meritocratica, perché lega ancora i doni e l’agire di Dio alla qualità della condotta morale. Una simile spiritualità è di fatto molto condizionata dalla paura e, senza accorgersene, arriva quasi a sfidare Dio e a ricattarlo, restando apparentemente molto umile: «Agisci pure ora come meglio ti piace» (Tb 3,6). È un modo di relazionarsi con Dio che si fonda molto sull’integrità che abbiamo saputo costruire e mantenere, come lasciano intendere le parole di Sara, quando presenta al Signore la sua integrità verginale: «Tu sai che sono pura da ogni disonestà» (Tb 3,14). Potremmo chiamare scrupolo e purismo gli invisibili tumori che deturpano l’esile corpo della nostra fede. Questi modi religiosi possono condizionare fortemente la libertà del nostro cuore in preghiera, applicando censure immediate alle grida che si agitano nella nostre carne quando passa attraverso l’esperienza della vita e della morte. Inoltre possono condurci ad avere una percezione distorta delle parole che gli altri ci rivolgono quando siamo in mezzo alla prova, facendocele intendere sempre come «rimproveri» (Tb 3,6) o come «insulti» (Tb 3,10).
Non è questo un discorso che vuole banalizzare il mistero della sofferenza, che è un tema delicato e una sacra porzione di storia umana dove è bene entrare sempre in punta di piedi e con sobrietà di parole. Ci sono situazioni pesanti nella vita, dove «l’animo è affranto dal dolore» (Tb 3,1) e noi soffriamo «molto» (Tb 3,10).
Ma è anche bene riconoscere che nella vita spesso ci accontentiamo di una fede leggera, che non è ancora entrata nei recinti liberi e sconfinati delle «Scritture» e perciò non conosce la «potenza di Dio» (Mc 12,24). Questa fede ci porta ad avere nei confronti del Signore, un affetto tanto sincero quanto inutile, perché è un culto al «Dio dei morti» (Mc 12,27) che non esiste né sulla terra, né nei cieli. Il nostro Dio è un Dio dei vivi e ascolta la nostra preghiera anche quando è imperfetta, scrupolosa o perfezionista. E ci risponde mandando medici e medicine a «guarire» i nostri organi malati: «a togliere le macchie dagli occhi» e a «liberare» la nostra anima «dal cattivo demonio» (Tb 3,17).
Senza che noi ce ne accorgiamo, mentre rientriamo «dal cortile in casa» (Tb 3,17) oppure quando stiamo «scendendo dalla camera». In un giorno qualsiasi. Perché «il tempo è compiuto» (Mc 1,15)!
Commenti
Meglio, come Sara, "tornare a RIFLETTERE": non rimanendo a CONSIDERARE con ATTENZIONE, ma orientandosi a FARE da SPECCHIO a
Chi può "benedire ed è misericordioso".
E' un getare con fiducia il seme della guarigione nella terra buona di Dio: il recupero non sarà immediato (occorre assecondare il ritmo delle stagioni), si svolgerà per buona parte in modo misterioso e nascosto anche a noi stessi (sottoterra), ma il tempo del raccolto non può mancare se - in germe - c'è già tutto e il nostro è un "Dio della vita".
Chiara 2